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Al via da oggi ops Unicredit su BPM, ma piazza Meda boccia l’offerta: “non è conveniente”

Da oggi i soci di Banco BPM possono aderire all’offerta pubblica di scambio (OPS) lanciata da UniCredit, ma in molti si interrogano sulla convenienza reale dell’operazione, compreso Andrea Orcel, ceo di UniCredit.

Agli azionisti conviene vendere sul mercato

Con i prezzi attuali, agli azionisti converrebbe vendere direttamente sul mercato. Per ogni azione Banco BPM, che nell’ultima seduta di Borsa valeva 9,74 euro, si ricevono 0,175 azioni UniCredit, che venerdì scorso scambiavano a 50,87 euro: il controvalore implica uno sconto di oltre l’8% rispetto ai prezzi correnti. Una situazione che rende improbabile, almeno per ora, un rilancio dell’offerta, anche perché UniCredit deve confrontarsi con i paletti imposti dal governo italiano e con la complicata questione dell’acquisizione di Anima Holding. Quest’ultima operazione, senza il beneficio del “Danish Compromise” — una normativa europea che consente alle banche di acquistare asset assicurativi con minor impatto patrimoniale — pesa sull’indice CET1 di Banco BPM, rendendo la banca meno appetibile.

L’offerta di UniCredit resterà comunque aperta fino al 23 giugno. Nel frattempo, l’istituto di Piazza Gae Aulenti cerca un dialogo con l’esecutivo, mentre le tecnicalità procedono: l’operazione è stata notificata alla DG Competition della Commissione Europea il 24 aprile e una risposta sull’istruttoria Antitrust è attesa entro il 4 giugno.

Bpm boccia l’offerta perché “non conveniente”

Tutto questo avviene mentre il Consiglio di Amministrazione di Banco BPM ha giudicato l’offerta di Unicredit “non conveniente” e il corrispettivo “non congruo”. Supportato da Citi, Lazard, Intermonte e Legance – Avvocati Associati, il CdA di BPM ha sottolineato come il premio offerto sia praticamente nullo: appena lo 0,5% rispetto al prezzo di Borsa precedente all’annuncio dell’OPS, mentre rispetto ai prezzi medi degli ultimi sei e dodici mesi si registrerebbero addirittura sconti rispettivamente del 3,4% e del 15,3%.

“La sostanziale assenza di un premio non risulta coerente con un’operazione di questa rilevanza”, afferma il comunicato di BPM, sottolineando che il corrispettivo ha sempre riflesso uno sconto implicito rispetto ai prezzi di mercato dalla data di annuncio dell’offerta.

Ma non finisce qui. Secondo il CdA di Banco BPM, l’offerta favorirebbe gli azionisti di UniCredit, a discapito degli azionisti di Banco BPM. Infatti, la partecipazione che gli azionisti di Banco BPM otterrebbero nella nuova entità combinata sarebbe pari solo al 14% (su base ex dividendo), una percentuale che non riflette la reale contribuzione di Banco BPM all’utile netto atteso per il 2027.

A preoccupare maggiormente il CdA di Banco BPM è anche il fatto che l’offerta è interamente in azioni UniCredit. Ciò implica che gli azionisti di Banco BPM si troverebbero esposti agli obiettivi strategici di UniCredit, senza avere una visibilità chiara su come tali obiettivi possano essere effettivamente raggiunti. Infatti, l’assenza di un piano industriale dettagliato da parte di UniCredit rende particolarmente incerta la possibilità di realizzare le sinergie previste e di raggiungere i risultati economici desiderati.

Vincoli governativi e rischi sulle sinergie

A pesare sull’operazione sono anche i vincoli fissati dal governo italiano con il provvedimento Golden Power: tra le condizioni ci sono il mantenimento del rapporto prestiti/depositi in Italia, la salvaguardia delle filiali di Banco BPM in Lombardia e l’uscita di UniCredit dalla Russia entro gennaio 2026. Secondo una simulazione degli analisti di J.P. Morgan, tali paletti comporterebbero 100 milioni di minori sinergie sui ricavi, un impatto negativo di 47 punti base sul CET1 derivante dall’uscita dalla Russia (pari a circa 1,4 miliardi di capitale) e 300 milioni di minori sinergie sui costi su un totale previsto di 900 milioni.

Non solo: in caso di violazione delle prescrizioni, UniCredit rischierebbe sanzioni pesantissime, che potrebbero arrivare — secondo indiscrezioni — fino a 20 miliardi di euro, pari al doppio del valore dell’operazione, o comunque non inferiori all’1% del fatturato cumulato.

Mentre Andrea Orcel valuta se proseguire o meno, gli analisti di J.P. Morgan ricordano che, in Lombardia, Banco BPM detiene una quota di mercato del 13% contro il 6% di UniCredit e che, a livello nazionale, la quota combinata resterebbe sotto il limite del 25% imposto dall’Antitrust europeo. Le quote più alte si registrerebbero solo in Sicilia (27%), in Val d’Aosta e Molise (24%) e in Piemonte e Veneto (21%-23%).

In questo contesto delicato, la via del dialogo resta fondamentale. Il governo, però, per voce del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, ribadisce una linea di fermezza. A margine dei lavori del Fondo Monetario Internazionale a Washington, Giorgetti ha dichiarato:

“Il governo deve valutare l’interesse nazionale, che non sono le competenze della BCE o della DG Competition, è l’interesse nazionale. Qui negli Stati Uniti ho capito che l’interesse nazionale risponde a un concetto abbastanza virile anche in materia economica. In Italia abbiamo un concetto di interesse nazionale un po’ più lasco. Io li invidio gli americani”.

Il futuro dell’operazione resta così appeso a una serie di variabili politiche, regolamentari e di mercato, mentre i soci di Banco BPM sono chiamati a una scelta tutt’altro che semplice.