Economia

Il mondo è pronto per un reddito minimo universale?

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NEW YORK (WSI) – Molti lavori a tempo pieno nell’economia moderna non sono in grado di garantire uno stipendio decente. E quei posti di lavoro potrebbero in un futuro non molto lontano venire sostituiti o soppressi definitivamente dalle nuove tecnologie.

A questo punto per venire incontro alle persone finanziariamente vulnerabili forse sarebbe giunto il momento di mettere in atto un’idea che gli economisti vanno in realtà promuovendo da decenni: un reddito minimo universale fornito dal governo in automatico.

In alcuni casi, tutti i cittadini ottengono un salario minimo, ricchi, poveri, disoccupati, occupati. In altri, più finanziariamente sostenibili, solo chi ha un reddito basso – sotto certi standard prefissati – ottiene il sussidio pubblico.

La Svizzera ha indetto un referendum – anche se probabilmente non passerà – in cui viene proposto di votare l’idea di un reddito minimo di circa 2.600 dollari al mese a ogni adulto e l’equivalente di 650 dollari ai minorenni. Anche in Spagna, Olanda e Canada sono state avanzate proposte simili. La Finlandia invece ha espresso la volontà di dare a 10 mila persone 625 dollari al mese senza il bisogno di pagare tasse su questo reddito, il quale sostituirebbe però i sussidi sociali in vigore.

“Un attacco alla famiglia”

Nel 1968 più di mille economisti di 125 università americane hanno firmato un documento in cui si promuove “un sistema nazionale di reddito minimo e sussidi” per chi non riesce a guadagnare abbastanza sul mercato del lavoro. Da allora il governo americano ha iniziato a sperimentare un sistema di tasse negative sul reddito per i più poveri, in modo da concedere una sicurezza economica a tutti. I test condotti sono stati quattro e si fondavano sui principi espressi dall’economista Milton Friedman nel suo libro Capitalism and Freedom pubblicato nel 1962.

L’obiettivo era scoprire se dare soldi ai disoccupati li avrebbe spinti comunque a cercare un impiego e non pesare più sulle spalle dello stato e essere mantenuti dagli altri contribuenti. Il risultato dei test per un reddito minimo in Canada e Stati Uniti condotti negli Anni 70 hanno avuto risultati contrastanti, ma hanno dimostrato che per le famiglie meno benestanti e per i ragazzi meno fortunati sono migliorate sia le condizioni di salute e sia le possibilità di continuare i percorsi di studio, venuta a mancare la necessità di dare il prima possibile la caccia a un lavoro.

Negli Stati Uniti il problema è che i dati hanno anche mostrato un incremento del numero dei divorzi. È diventato dunque un tema politico molto in fretta e sono iniziate a emergere serie preoccupazioni sul fatto che il provvedimento costituisse un attacco alla famiglia americana.

Per quanto riguarda il concetto secondo cui se tutti hanno diritto a un salario minimo sufficiente a sostentare e arrivare alla fine del mese, nessun disoccupato sarà spinto a cercare un nuovo impiego, Sam Altman è convinto che anche se la percentuale di persone che farebbe qualcosa di utile per la società fosse pari al 10% sarebbe già un grande risultato per tutti e un investimento pubblico ben speso.

Grande cambiamento per l’umanità

Ci sono tanti modi di rendersi utile. Alcune delle maggiori scoperte culturali e scientifiche del 18esimo e 19esimo secolo non sono state fatte sul posto di lavoro. “Forse il 90% dei disoccupati senza grandi speranze di trovare un impiego ben remunerato si metterà a fumare erba e giocare ai videogame. Ma se il 10% crea nuovi servizi e prodotti e nuovo benessere, è già una grande vittoria“.

“È semplicemente sbagliata l’idea puritana americana secondo cui solo il lavoro sodo (vale a dire fisico) ha valore e che questo concetto non si può neanche mettere in discussione”.

A prescindere dai vantaggi e dagli svantaggi per il mercato del lavoro e per i governi, una cosa è sicura. Se dovessimo incominciare per un motivo o per l’altro a lavorare tutti meno – con o senza un reddito minimo garantito – si prospetta un grande cambiamento per l’umanità.

Da quando è iniziato il mondo civilizzato, il lavoro ha infatti occupato una parte importante e maggioritaria del nostro tempo. È una delle cose che ci rende umani. Rinunciare a questa parte fondamentale della nostra esistenza – come conseguenza dell’avanzata delle nuove tecnologie e dei robot, per esempio – sarebbe per molti uno choc.

Fonte: Freakonomics