Economia

Guai giudiziari per la Popolare di Bari: Puglia in ginocchio

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Dopo la Toscana ora a tremare è la Puglia. Anni di mala gestione, di bilanci in rosso e di prestiti anomali, aggravati peraltro dalla dubbia operazione di acquisto di Tercas: la banca Popolare di Bari è in crisi e se i suoi guai giudiziari dovessero portare a un crac, potrebbero finire sul lastrico i suoi 70 mila azionisti e l’intera Regione Puglia. Come nei casi Mps e delle quattro banche regionali salvate con il bail-in, Banca Etruria, Carife, Carichieti e Banca delle Marche, la Popolare di Bari – che conta 70mila azionisti e 3.500 dipendenti, rischia la bancarotta.

Dopo le rivelazioni di una “gola profonda”, la procura ha avviato indagini sul presidente della Popolare di Bari Marco Jacobini. Sotto inchiesta è finito anche l’ex direttore generale Vincenzo De Bustis, già amministratore delegato del Monte dei Paschi di Siena e di Deutsche Bank, Gianluca e Luigi (rispettivamente condirettore generale e vice), e i due figli di Jacobini, Luigi e Gianluca (rispettivamente vice direttore generale e condirettore generale).

Nel mirino delle autorità giudiziarie ci sono anche il responsabile della linea contabilità e bilancio della popolare Elia Circelli, il dirigente dell’ufficio rischi Antonio Zullo. Insomma tutti i vertici della banca che da sola rappresenta la colonna reggente più importante dell’attività economica e creditizia della città di Bari, la capoluogo e città più grande della Puglia.

La banca Popolare di Bari, come riporta Maria Chiarelli su La Repubblica, ha infatti concesso dei prestiti a migliaia di imprese e famiglie baresi e può contare su 70mila soci e sul lavoro di 3.500 dipendenti.

“La Banca Popolare di Bari non può crollare: se ciò accadesse, i danni per l’economia regionale sarebbero incalcolabili. Ma una nuova inchiesta della Procura barese racconta anni di gestione irregolare, bilanci in perdita, prestiti anomali, aggravati dalla acquisizione di Tercas, la vecchia Cassa di Teramo. E sullo sfondo, una vicenda di maltrattamenti ed estorsione ai danni di un funzionario troppo solerte”.

Fatta eccezione per De Bustis i dirigenti sono accusati di associazione per delinquere, truffa, ostacolo all’attività della Banca d’Italia e false dichiarazioni nel prospetto informativo consegnato alla Consob. La famiglia Jacobini dovrà rispondere inoltre del reato di concorso in maltrattamenti ed estorsione.

“La vicenda finita sul tavolo del procuratore aggiunto Roberto Rossi – racconta il quotidiano – riguarda un arco temporale che va dal 2013 al 2016, quando le irregolarità nascoste nei bilanci dell’istituto di credito sono state svelate da una gola profonda: un funzionario incaricato di mettere a posto le carte nell’ufficio rischi, ma che avrebbe esagerato, evidenziando ai vertici le irregolarità emerse durante la sua attività”.

Popolare di Bari: le inchieste e i danni ai piccoli azionisti

Con la prima inchiesta, avviata grazie alle rivelazioni di una “gola profonda”, probabilmente un insider della banca, gli inquirenti hanno iniziato a fare luce sulle attività anomali del più grande istituto di credito del Sud. Sono emersi “riscontri a ipotesi già emerse durante l’esame delle carte sequestrate” durante un’altra inchiesta, aperta con l’ipotesi di reato (a carico di ignoti) per ostacolo alle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza, quella coordinata dai pm Lydia Giorgio e Federico Perrone Capano.

“Nello stesso periodo in cui la gola profonda raccontava, gli investigatori perquisivano le tre sedi baresi, portando via documenti utili a ricostruire il rilascio di linee di credito, in via diretta o indiretta, con l’acquisto di azioni”. Nell’ambtio di una indagine separata, la Procura si sta occupando di verificare i sospetti che la Popolare di Bari abbia agevolato alcuni grossi azionisti: “gli ordini di vendita dei titoli sarebbero stati inseriti manualmente senza rispettare l’ordine cronologico e violando così il principio della parità di trattamento dei soci: il tutto a danno dei piccoli azionisti.

Uno dei fatti più clamorosi contestati riguarda la cessione, prima della perdita di un quinto del loro valore, delle azioni della Popolare di Bari presenti nel portafoglio della società barese Debar. Secondo la ricostruzione dell’impianto accusatorio, Debar avrebbe ottenuto il permesso di vendere le azioni nell’asta di marzo dell’anno scorso, “prima cioè dell’assemblea dell’aprile successivo in cui le stesse azioni subirono un deprezzamento del 20 per cento (da 9,53 a 7,50 euro)”. Il reato ipotizzato è di ostacolo alle attività degli organi di vigilanza.

L’integrazione tra Banca Teras e Banca Caripe è avvenuta a luglio dell’anno scorso, in un’operazione che è stata salutata da Jacobini come un importante passo verso il consolidamento significativo del posizionamento di mercato del Gruppo nei territori d’elezione “per accompagnarne la crescita in Puglia, Basilicata, Abruzzo, Campania e Umbria, attraverso l’evoluzione del modello di business e il miglioramento dell’efficienza operativa”.