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Vatileaks: svelato il contenuto del dossier

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ROMA (WSI) – Chi conosce gli equilibri all’interno delle Mura Leonine non ha dubbi. C’è un aria mefitica nella Curia. E non è certo dovuta alle legittime tensioni in vista del Conclave. L’elezione del nuovo Papa, le questioni di dottrina, l’attività pastorale sono piccole note a margine, nel momento in cui la perversione della Chiesa per il potere, il denaro e gli intrighi è stata messa nudo.

Chi passeggia nei dintorni della Cappella Sistina ha un solo pensiero: mettere gli occhi sulla relazione finale legata al caso “Vatileaks”. Tutti i cardinali arrivati a Roma vogliono leggere, sapere, capire chi e perché ha dilaniato la Curia negli ultimi anni con una guerriglia senza esclusione di colpi. Il dossier preparato dalla triade dei “cardinali investigatori” Tomko, De Giorgi e Herranz è materiale prezioso per la cordata anti-romana che intende ridimensionare il peso delle porpore italiane, alcune delle quali – a vario titolo – sono finite nel calderone dello scandalo.

Cosa c’è scritto nel rapporto?

Innanzitutto viene spennellato un ritrattone delle varie “anime” della Curia. Con dovizia di particolari sono offerte al lettore azioni, reazioni e interessi dei principali attori – laici e religiosi – dello scandalo. Un mappatura delle “correnti” interne al Vaticano che hanno battagliato a suon di “corvi”, lettere e sgambetti sotto banco.

Poi i “cardinali inquirenti” hanno rimesso a posto i pezzi del puzzle sull’attività di Paolo Gabriele, il maggiordomo del Papa ‘sacrificato’ ai media come unico responsabile della fuoriuscita di informazioni riservate dalla Santa Sede.

Nel rapporto viene messo in luce come il “sistema del dissenso” alla gestione del Segretario di Stato Tarcisio Bertone abbia trovato in Gabriele solo un impensabile, maldestro ‘esecutore materiale’. Ogni giorno, infatti, segretari e assistenti dei cardinali – anche con una certa leggerezza – contattavano il maggiordomo per accertarsi che Ratzinger avesse letto le segnalazioni su vizi e abusi in Curia. Un continuo flusso di sollecitazioni che ha permesso a “Paoletto” di capire quale fosse il magma del malcontento in agitazione sotto il Palazzo apostolico. A quel punto cosa lo ha spinto a svestire i panni del maggiordomo a indossare quelli del giustiziere in livrea?

Per capirlo, tocca soffermarsi su un passaggio interessante della relazione che riguarda Padre Georg. Il fedelissimo braccio destro di Benedetto XVI “sapeva che il maggiordomo sapeva”. I due, nel corso dei mesi, hanno avuto modo di confrontarsi più volte sui problemi interni alla Curia. E sarebbero state proprio le amare riflessioni di Padre Georg sulla necessità di “fare qualcosa” a far maturare nel maggiordomo il desiderio di passare all’azione. Ecco perché – nel rapporto Vatileaks – si fa riferimento a un sistema di insofferenze verso la Segreteria di Stato, ben più complesso rispetto all’azione isolata del “corvo”.

QUESTIONE IOR

Herranz, Tomko e De Giorgi segnalano anche che la cacciata di Ettore Gotti Tedeschi dallo Ior è stata mal digerita da molti cardinali (Nicora e Tauran in testa). L’allontanamento di un uomo così vicino al Papa, proprio nel momento in cui era partita l’operazione trasparenza all’interno della “Banca di Dio”, è sembrata a tutti oltremodo incomprensibile. Le due cartelle con i “nove punti” firmate da Carl Anderson, che formalizzavano il benservito (motivate con “Incapacità di portare avanti i doveri di base del presidente; incapacità di essere informato sulle attività dell’istituto e mantenerne informato di conseguenza il Cda; non aver partecipato ai lavori del Cda; mancanza di prudenza e precisione nei confronti della politica dell’istituto; incapacità di fornire spiegazioni sulla diffusione dei documenti in possesso del presidente; diffusione di notizie imprecise sull’istituto; incapacità di rappresentare pubblicamente e difendere la banca di fronte a notizie imprecise da parte dei media; eccessivo accentramento; eccessivo accentramento; progressivi comportamenti sbagliati ed erratici”), ha lasciato tutti stupefatti.

Ecco perché le porpore hanno chiesto a Bertone di istituire una commissione d’inchiesta al riguardo. Proposta che, senza colpo ferire, è stata rispedita al mittente con una certa stizza.

PRETI PEDOFILI

Nel dossier c’è anche una parte dedicata agli scandali di pedofilia, in cui viene segnalata – nonostante la decisa operazione di contrasto intrapresa da Ratzinger – la persistenza di una “mozione pro-silenzio” all’interno della Curia. Sono in molti, infatti, a ritenere che pubblicizzare gli scandali non faccia che inorridire i fedeli, spingendoli lontano dalle braccia amorevoli di Santa Madre Chiesa. Intervenire sì, ma nell’ombra. Una visione che fa a pugni con quella degli “interventisti” che – invece – non hanno mancato di segnalare come “insufficiente” l’azione di contrasto messa in opera dalla Segreteria di Stato.

Per la serie, “si poteva fare di più”.

LA SALA STAMPA DOV’ERA?

Non mancano anche le rimostranze porporate verso la gestione mediatica dello scandalo “Vatileaks”. La Sala Stampa della Santa Sede – e con essa Padre Lombardi – è accusata di aver risposto in modo incerto e balbettante a chi ha infilato la penna nello scandalo. Troppe praterie lasciate alla fantasia dei giornalisti che hanno azzannato il Vaticano sui rapporti opachi tra Marco Simeon e Tarcisio Bertone, sulla promozione-rimozione del Cardinale Viganò a nunzio apostolico a Washington, sulla cacciata di Gotti Tedeschi e infine sul caso Boffo.

Così come non è piaciuta l’impotenza mostrata a seguito della pubblicazione del libro “Sua Santità” di Gianluigi Nuzzi. Le porpore sono convinte che una difesa “punto per punto”, avrebbe permesso al Vaticano di essere meno esposto alla colata di fango che ne è seguita.

A proposito, non dite a Tarcisio Bertone che le informazioni raccolte dal reporter di “Libero” non sono esaurite. A disposizione ci sono talmente tanti documenti da assemblare anche un secondo e un terzo libro…

GLI AMICI DI TARCISIO

Infine non mancano i riferimenti anche al ruolo ricoperto da alcuni “laici”, all’interno delle dinamiche della Curia. Due in particolare. Uno è Marco Simeon, responsabile Affari Istituzionali della Rai, e l’altro è Domenico Giani, ispettore generale del Corpo della Gendarmeria dello Stato della Città del Vaticano. Il primo è stato “attenzionato” per il suo strettissimo rapporto con il Segretario di Stato Bertone ma anche per il supporto fornito in alcune intermediazioni immobiliari. Il secondo, invece, è finito nel mirino per la gestione dei “controlli interni”, considerati da alcuni cardinali troppo capillari e invasivi.

Ps: il segretissimo dossier su Vatileaks non ne fa menzione, ma è bene che i cardinali sappiano e s’interroghino: perché Pierangelo Daccò aveva un conto all’Istituto Opere religiose? Era attraverso la “Banca di Dio” che i soldi del faccendiere, amico di Formigoni, venivano magicamente ripuliti?

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