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TITOLI INTERNET: LA BOLLA E’ GIA’ SCOPPIATA

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E’ tempo di guardare in faccia la realta’, e smetterla di alimentare miti: la bolla dell’internet e’ gia’ scoppiata, sulla borsa americana.

In effetti non e’ stato uno scoppio rumoroso, anzi, molti non se ne saranno nemmeno accorti.

L’attenzione degli investitori, infatti, e’ tutta concentrata sugli Ipo (initial public offering, cioe’ i collocamenti); continuano ad arrivare a Wall Street a ritmi di decine alla settimana, con titoli del comparto internet che raddoppiano o triplicano di prezzo il primo giorno di quotazione, come e’ successo venerdi’ con le matricole Gigamedia e Inforte (vedere articolo WSI).

Inoltre, per confondere le idee, ci sono alcuni indici internet che sono in rialzo di oltre il 70% dallo scorso giugno, e del 6-7% dall’inizio dell’anno, nonostante il Dow Jones sia in ribasso dal 14 gennaio di quasi il 13%.

Ma se si analizza un po’ piu’ attentamente il mercato, al di la’ dei clamori che circondano le matricole, e al di la’ dell’abituale can can sulle net-stocks e dei relativi abusati e sopravvalutati guru, si scoprira’ che su un paniere di 100 titoli internet ciascuno e’ in ribasso in media del 38% dai massimi.

Percentuale che caratterizza piu’ che una correzione tecnica (che scatta a -10%) un vero e proprio mercato Orso, simile ai disastri di borsa chiamati crash.

Se si escludono poche societa’, tra cui Cisco Sistems (CSCO) e Broadcom (BRCM) – che operano nel cosiddetto B2B (business to business, cioe’ il settore piu’ caldo del momento, aziende che sono al servizio di altre aziende – l’internet e’ un mezzo massacro per tutti quegli investitori che sono entrati sul mercato tardi, per sentito dire e senza effettuare le opportune ricerche.

E abbiamo la sensazione – dalle lettere che riceviamo – che questi investitori siano un esercito.

Per esempio l’indice Usa Today e-Consumer 50, un sottoindicatore internet che monitora le prime cinquanta aziende che servono non il business ma invece il consumatore, e’ in ribasso del 24% dai massimi e del 16% dall’inizio dell’anno.

Ma c’e’ di peggio. Alcuni dei piu’ nomi del web sono caduti a livelli davvero poco eccitanti, rispetto al passato. Amazon.com (AMZN) e’ giu’ del 35% dal prezzo record. America Online (AOL) e’ precipitata del 44% dai massimi. Barnes & Noble (BKS) e’ scesa del 60%. E-Toys (ETYS) e’ crollata dell’83%. Il broker online Charles Schwab (SCH) ha subito un ridimensionamento del 50% e il sito finanziario TheStreet.com (TSCM) ha avuto un tracollo del 78%.

Ma ecco, per essere piu’ precisi, una tabella con le 10 performance peggiori del settore internet negli Stati Uniti, con i ribassi calcolati nell’arco delle 52 settimane:

Value America (VUSA) -94%

Beyond.com (BYND) -85%

E-Loan (EELN) -85%

iVillage (IVIL) -85%

eToys (ETYS) -83%

Autoweb.com (AWEB) -83%

Autobytel.com (ABTL) -81%

NetBank (NTBK) -80%

TheStreet.com (TSCM) -78%

EMusic.com (EMUS) -77%.

Senza tranti clamori, dunque, un drammatico cambiamento sta avendo luogo a Wall Street.

A parte gli Ipo, che ancora reggono, se prima gli investitori facevano man bassa di titoli internet anche se questi non avevano la benche’ minima speranza di avere profitti nel medio termine, oggi l’atteggiamento e’ piuttosto quello di
investire in aziende web che, pero’, devono dimostrare subito di essere se non altro sul binario giusto per diventare redditizie, e nel breve termine.

In conclusione il modello Amazon.com (quest’anno il fondatore Jeff Bezos avuto la copertina di uomo dell’anno su Time, il che dimostra che il titolo era al suo picco di sopravvalutazione, con relativa sovra-esposizione anche sui media tradizionali) quel modello – questo e’ il nocciolo del discorso – non funziona piu’.

Anche per le aziende dell’internet e’ venuto il momento in cui i profitti non possono essere riviati per troppo tempo.

NOTA: Tutti le percentuali sono riferite al 15 febbraio 2000. Digitare i simboli dei singoli titoli su QUOTAZIONI INTERATTIVE per avere il prezzo e i grafici piu’ aggiornati.