Impresa

Tassi Ue a minimi storici: cosa cambierà per i mutui?

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news

ROMA (WSI) – Per le famiglie che hanno un mutuo in corso cambierà poco. I prestiti per la casa seguono l’andamento dell’Euribor, l’indice specifico che guida i mutui variabili: a quello bisogna guardare per capire se la rata del mutuo scenderà (o salirà).

L’Euribor è già ai minimi storici e vicino allo zero da mesi. Fino a prima della crisi seguiva l’andamento dei tassi Bce ma ora è slegato. E chi ha il mutuo a tasso fisso? In questo caso la rata non varierà.

Qualcosa potrebbe cambiare invece per le famiglie che hanno un finanziamento ancorato al tasso Bce. Sono prodotti che però nel nostro Paese hanno avuto una diffusione davvero minima, solo l’1% del mercato. Il taglio Bce potrebbe infine innescare un volano positivo sugli spread delle banche.

Potrebbero esserci dei vantaggi per le famiglie che il mutuo lo devono ancora fare: potrebbe diventare meno caro con effetti anche sui vecchi mutui che, se davvero molto più costosi, potranno essere «rottamati» con la surroga.

Le imprese

I risparmi complessivi «per il mondo delle imprese potrebbero aggirarsi, in linea , attorno ai 2,3 miliardi all’anno», dice il segretario della Cgia di Mestre Giuseppe Bortolussi. L’Ufficio studi dell’Associazione, dopo aver esaminato la situazione debitoria delle imprese italiane, ha quantificato i vantaggi economici derivanti dalla decisione presa dalla Bce se la riduzione dei tassi al dettaglio seguisse quella di quello di riferimento.
Il calcolo della Cgia, naturalmente, è troppo ottimista: anche perché per i prestiti già negoziati i costi non saranno rivisti automaticamente: questo succederà solo nei casi dei contratti che lo prevedono (come accade sui mutui a tasso fisso o variabile). Certo la maggiore quantità di denaro che si rende disponibile a prezzi più bassi comporterà comunque un calo dei costi impliciti in questo tipo di operazione. Per le banche prestare denaro dovrebbe diventare meno oneroso e più facile.

L’inflazione

È stato lo stesso numero uno dell’Eurotower Mario Draghi a spiegare la mossa sui tassi come il frutto di «una inflazione destinata a rimanere bassa per un periodo prolungato». In Eurolandia la crescita dei prezzi al consumo è molto lenta, viaggia intorno allo 0,7%, ovvero ben lontana dalla «soglia di attenzione» fissata intorno al 2%.

L’inflazione troppo bassa può sembrare una buona notizia, ma lo è solo sul brevissimo periodo: il rialzo dei prezzi è una delle grandezze che incrementano i ricavi delle imprese e quindi la loro disponibilità a creare lavoro. I prezzi che stagnano, insomma, minacciano la crescita. E infatti Mario Draghi ha spiegato che la politica monetaria sempre più espansiva, è mirata a sostenere «imprese e famiglie» spingendo a un’accelerazione «una crescita modesta in questo secondo semestre» peraltro minacciata da «rischi al ribasso».

Il commercio

Ieri la Banca centrale europea ha voluto sgombrare il campo da qualsiasi riferimento ai tassi di cambio: «nella nostra decisione – ha precisato il presidente Mario Draghi – non sono menzionati e non sono un obiettivo di politica monetaria». Nei fatti però l’euro in meno di due ore ha perso due figure sul dollaro scendendo da 1,35 a 1,33, dopo che la scorsa settimana viaggiava a 1,38.

L’alleggerimento sull’euro giova di riflesso alle importazioni extra Ue (rende più convenienti i prodotti europei per chi li compra con altre monete). Anche questa è una mossa che può spingere la ripresa, tenendo presente che l’export è stato negli ultimi trimestri il principale motore della crescita economica e che l’apprezzamento dell’euro ha sempre rappresentato una minaccia per la congiuntura del Vecchio Continente. Resta però invariato il divario di competitività tra le imprese italiane e le altre europee.

Il contenuto di questo articolo, pubblicato da La Stampa – che ringraziamo – esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

Copyright © La Stampa. All rights reserved