Società

Svizzera: il paese dove il popolo si oppone all’aumento delle ferie

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New York – I cittadini svizzeri hanno detto “no” all’instaurazione di sei settimane di vacanze l’anno per tutti, ovvero quindici giorni di congedo in piu’. L’argomento principale dei promotori del voto era centrato sul degrado delle condizioni di lavoro.

Ha vinto invece la paura che a livello di costi la decisione di aumentare le settimane di ferie non sarebbe stata sostenibile per l’economia del paese. E’ una vittoria della destra e del governo.

Il referendum lanciato dai sindacati e’ stato respinto dal 67% dei votanti. Il testo reclamava il passaggio obbligatorio a minimo sei settimane di ferie. Dal 1984 la costituzione federale ne autorizza quattro.

Il risultato in Svizzera in realta’ non ha sorpreso nesusuno: gli economisti e il parlamento si erano pronunciati contro. “Il calendario economico non era favorevole e gli avversari hanno giocato sulla paura”, spiega al quotidiano Le Figaro Josiane Aubert, vice-presidente del Lavoro svizzero, il gruppo che ha promosso l’iniziativa popolare.

Un esempio delle operazioni di convincimento effettuate di imprenditori e governo lo offre questo video promozionale. Un modo molto drastico, quello del comitato per il “no”, per dare l’idea di cosa potrebbe provocare un aumento delle ferie: in una sala operatoria un paziente viene abbandonato dai medici:

La vera’ novita’ e’ rappresentata pero’ dal passaggio – seppur con un risicato 50,6% di si – dell’iniziativa dell’ecologista Franz Weber dal titolo: “Basta con la costruzione sfrenata di abitazioni secondarie”. In futuro ogni Comune elvetico sara’ tenuto a rispettare una quota massima del 20% per le residenze secondarie rispetto al totale del parco immobiliare esistente.

Nuove abitazioni secondarie saranno vietate dall’anno prossimo in tutti i Comuni svizzeri in cui questo limite e’ gia’ stato superato, che sono circa un quinto. Si tratta di un passo che avra’ ripercussioni soprattutto nelle regioni alpine, in particolare nelle localita’ turistiche. In alcune di queste le residenze secondarie superano infatti oggi l’80% delle abitazioni esistenti.