Società

Scambi commerciali e cooperazione contro le emergenze della Terra

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Le riflessioni sui vantaggi della società aperta di Johan Norberg storico ed esperto di globalizzazione

Per un anno e mezzo “chiusura” è stata la parola chiave in tutto il mondo. Oggi, impegnati nei primi cenni di ripartenza, ci si prepara con impazienza ad una nuova e più importante riapertura globale, che interesserà sia il fronte economico, sia quello sociale. Proprio di apertura ho voluto parlare con Johan Norberg, storico, ricercatore ed esperto sul tema della globalizzazione, per gettare uno sguardo oltre la crisi e iniziare ad avere una prospettiva sullo scenario futuro.Hai scritto un libro che si intitola Open, che oggi fa sì che riportiamo, dopo tanta chiusura, l’attenzione sugli aspetti positivi delle società aperte. Quali sono le forme di apertura che portano maggiori vantaggi, anche in questo periodo così delicato?

“È stata l’apertura a salvarci nella pandemia! È vero, da un lato l’apertura fa sì che nuovi virus possano diffondersi velocemente. Ma d’altra parte, la famosa Peste Nera del XIV secolo, in cui non c’era grande apertura, si è diffusa comunque, con più lentezza ma ovunque e costantemente. Ed è ciclicamente tornata, uccidendo circa la metà della popolazione Europea. La novità prodotta dalla globalizzazione è che gli scambi commerciali e la cooperazione fanno sì che possiamo combattere meglio queste battaglie”.

 

Sostieni che in questa fase le menti scientifiche, il mondo digitale e la lingua inglese siano riusciti a far lavorare insieme l’intero pianeta: in che modo questo può essere di insegnamento nel mondo Enterprise?

“Il mondo non è stato colpito tutto nello stesso momento: quando abbiamo dovuto procedere con le chiusure in Europa, la Cina stava riaprendo. E, cosa più importante, gli scienziati, gli ospedali e le aziende farmaceutiche hanno potuto collaborare in tempo reale, cosa che ha consentito ai ricercatori cinesi di leggere il genoma completo del virus, grazie a una tecnologia sviluppata dall’altra parte del mondo, e di renderlo pubblico nel nuovo hub mondiale per la ricerca medica il 10 gennaio 2020. Appena sei giorni dopo, i ricercatori tedeschi avevano già impiegato queste informazioni per sviluppare e rilasciare un test diagnostico. Appena qualcuno svelava il meccanismo del virus, altri si mettevano al lavoro per scovarne i punti deboli, finché, nel giro di un anno, le persone potessero essere vaccinate. È un risultato sorprendente, se solo pensiamo che l’umanità ha impiegato 3.000 anni per sviluppare vaccini contro il vaiolo e la poliomielite”.

 

Che impatto avranno queste dinamiche sulla spinta alla Globalizzazione?

“Potremmo anche essere le persone più intelligenti nella stanza, ma la nostra stanza è piccola. Quasi tutto ciò che è entusiasmante e importante si svolge altrove. Come si fa ad avere accesso a queste cose? Essere aperti a tutto ciò che non viene inventato dove siamo noi, aprire i nostri processi a persone creative e a coloro che hanno conoscenze essenziali, anche se si trovano dall’altra parte del mondo o nascoste all’interno della nostra azienda: sono questioni cruciali per il business. Occorre lavorare con persone esterne, “estranee”, e offrire ai collaboratori, obbligandoli se necessario, la possibilità di lavorare oltre i confini tradizionali, per guardare ai vecchi problemi con occhi nuovi. Purtroppo, durante qualsiasi pandemia c’è un forte istinto a chiudersi. D’altro canto, in questo periodo, abbiamo anche assistito alla rapida diffusione di nuove tecnologie, strumenti straordinari per cooperare, per digitalizzarsi. Spesso, di fronte a queste novità, ci ritroviamo riluttanti: di fronte a una crisi, invece, ci attiviamo e basta. La pandemia, in fondo, è stata una sorta di macchina del tempo che ci ha proiettati dieci anni nel futuro”.

 

Dopo questa lunga crisi, società e aziende hanno bisogno di guardare avanti e pensare al futuro. Quali sono secondo te i tratti di una nuova leadership?

“Il cambiamento è sempre difficile nell’immediato, specie se ha un vantaggio visibile solo a lungo termine. La vera sfida per i leader è fare in modo che l’opportunità futura sia percepibile e quindi stimolante: ovviamente questo richiede immaginazione e visione. In un contesto imprevedibile ed estremamente competitivo, abbiamo bisogno di team più creativi e di un ritmo più elevato. Ma non si tratta tanto di aspetti che possono venire dall’altro, quanto dalla conoscenza locale e dalle capacità individuali dei team e dei collaboratori. I leader devono riuscire a visualizzare chi sono queste persone e capire come i talenti possano essere combinati in modi nuovi. Un leader deve essere come un buon ospite ad una festa: deve capire e sfruttare l’individualità di tutti gli invitati, presentarli l’un l’altro e far capire loro cosa c’è di interessante in un determinato sconosciuto. Così potranno continuare a “fare magie” in modi che nessuno può prevedere”.

 

di Roberto Mancini   

L’apertura allo scambio e al confronto globale come volano di crescita per l’impresa sarà uno dei temi che affronteremo con Johan Norberg al Leadership Forum, il più grande business event in Italia che torna dal vivo al Teatro degli Arcimboldi di Milano, l’1 e il 2 dicembre 2021. Tutte le informazioni sul sito: https://www.theleadershipforum.it/