Società

Quote rosa nei Cda: in Italia per ora solo un miraggio

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ROMA (WSI) – Una legge europea che ha imposto le quote di genere nei CDA delle società quotate – e recepita in Italia sotto forma di legge Golfo-Mosca – e’ in vigore dall’estate scorsa, ma da noi la strada per la parita’ negli alti piani manageriali delle aziende e’ ancora molto ripida in salita. E pensare che da quanto emerso da alcune ricerche e statitische recenti, le società con donne ai vertici risultano andare meglio di quelle condotte da soli uomini.

Insomma, ormai è un dato appurato: le società con donne ai vertici vanno meglio di quelle condotte da soli uomini. Eppure le stesse società, che farebbero qualsiasi cosa pur di massimizzare i propri profitti, non fanno l’unica cosa che farebbe loro del bene: aprire le porte al gentil sesso. Nelle stanze dei bottoni ci sono sempre e solo maschi.

QUALI SONO LE VECCHIEZZE ED INADEGUATEZZE E DUNQUE I CAMBIAMENTI E LE EVOLUZIONI CHE NECCESSITANO AI CONSIGLI DI AMMINISTRAZIONE DELLE SOCIETA’ QUOTATE, ED IN PARTICOLARE RIGUARDO ALLA CORPORATE GOVERNANCE?

Negli ultimi quindici anni l’Italia ha compiuto passi significativi nella direzione di un miglioramento della governance delle società quotate. Ricordo solo alcuni esempi: il Codice di Autodisciplina, nelle sue diverse edizioni; le norme di Consob in materia di remunerazione degli amministratori; le disposizioni di Banca d’Italia sul governo delle banche; la recente introduzione, nell’ambito del Decreto Salva-Italia, del divieto di interlocking.

La legge Golfo – Mosca s’inserisce in questo processo, affermando con forza il principio dell’eguaglianza di genere nella composizione dei Consigli d’amministrazione e dei Collegi sindacali. E’ un risultato sicuramente importante, non solo sotto il profilo etico: numerosi studi dimostrano, infatti, che la diversity è fonte di generazione di valore.

COME PUO’ ESSERE BEN RECEPITA LA PRESCRIZIONE DELLA LEGGE GOLFO – MOSCA? CI SONO SPECIFICHE PARTICOLARITA’ PER UNA BANCA COME INTESA SANPAOLO?

Compete a questo punto alle società quotate attrezzarsi per adeguare gli Statuti alle previsioni della Legge. Intesa Sanpaolo ha provveduto in questo senso lo scorso ottobre, introducendo il meccanismo delle “quote rosa” nelle procedure di composizione, integrazione e sostituzione del Consiglio di Gestione e del Consiglio di Sorveglianza.

OGNI LEGGE SULLE QUOTE ROSA COMPORTA DELLE CRITICHE, PARE CHE DAL PUNTO DI VISTA SOCIALE RISULTA SEMPRE UMILIANTE PER IL GENERE MENO RAPPRESENTATO, CHE SONO SEMPRE LE DONNE, LEI E’ A FAVORE O CONTRO?

Probabilmente anche molte donne avrebbero preferito non ricorrere a un intervento legislativo per ottenere una rappresentanza paritaria ai vertici delle società. E’ un fatto però che la presenza femminile nei board delle maggiori società italiane sia cresciuta a ritmi lentissimi negli ultimi anni: una recente indagine segnala che, tra le 19mila aziende che hanno superato tra il 2008 e il 2011 i 10 milioni di fatturato, la percentuale delle donne con ruolo di amministratore è passata dal 13,7% di fine 2008 al 14,5% nel 2011. Un incremento così lieve da far sì che, sempre a fine 2011, la maggior parte delle società italiane non avesse alcuna presenza femminile in Consiglio. Ben venga quindi un’azione positiva, in grado di imprimere un’accelerazione al cambiamento.

SECONDO LEI, ATTUALMENTE, VIENE DATA UNA GIUSTA ATTENZIONE A QUESTA LEGGE DELLE QUOTE ROSA OPPURE NO? E QUALE POTREBBERO ESSERE LE INIZIATIVE PIU UTILI?

Sancito per legge il principio dell’uguaglianza di genere, penso che occorra adesso concentrarsi sulla qualità della rappresentanza. Bisogna dare voce e visibilità (e credo che già esistano iniziative in questo senso) alle donne competenti e preparate, in modo che la più ampia rappresentanza femminile nei Consigli di amministrazione e nei Collegi sindacali possa essere effettivamente strumento di creazione di valore, attraverso maggiore visione strategica e incrementi di efficienza organizzativa.