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Private banking, ecco le caratteristiche per aver successo nel settore

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“Un private banker di successo dev’essere mosso da un profondo amore per il proprio lavoro. Diventa un private banker di successo quando il cliente trova in lui il perfetto interlocutore e diventa così il punto di riferimento dei clienti, non della banca. Un bravo private banker deve amare la conoscenza, essere informato su cosa ogni banca e rete offrono ai propri clienti perché la conoscenza lo rende un professionista completo. Deve essere a fianco del suo cliente in ogni circostanza e capire cosa vuole da lui per poi trasmetterlo alla sua banca e rendere sereno il cliente”.

L’ha detto ai microfoni di Wall Street Italia Sondra Ferri Marini, head hunter specializzata in private banker e consulenti finanziari. Riccionese,54 anni, sin dall’infanzia ha sempre avuto la predisposizione al commerciale ed una grande attenzione ai dettagli. Verso i 30 anni, è stata assunta da un’azienda di servizi per una campagna di telemarketing mirata al reperimento di nuovi clienti per un private di Banca Generali. Da li ha avviato la sua carriera nell’head hunting. Con lei abbiamo parlato della carriera di private banker e della sua evoluzione nel tempo.

Lei si occupa di head hunting sia di private banker, sia di consulenti finanziari. Come si differenziano le due figure professionali?

Il private banker è un dipendente legato alla banca come istituzione e solitamente si trova bene dov’è. Nonostante le lamentele continue, è un professionista che si occupa di clienti di alto standing dell’istituto di credito cui appartiene. Poco ambizioso, si accontenta di un aumento ogni tanto e non mira in alto. Il consulente finanziario è un professionista e lo sa, com’è giusto che sia. E’ consapevole del ruolo che ha e della responsabilità verso i clienti. Professionale, diligente, ama il proprio ruolo e il cliente sopra ogni cosa.

Nella sua lunga e vasta esperienza professionale, come ha visto evolversi la figura del private banker?

Il private banker non si è evoluto molto. Nonostante la crisi del settore bancario, moltissimi non sono nemmeno iscritti all’albo: questo denota poca voglia di migliorarsi, di acquisire conoscenze, certificazioni che a mio avviso sono necessarie, soprattutto oggi. Si è comunque aperto alla valutazione di proposte, soprattutto mirate alla libera professione, ma la percentuale di professionisti che decide di fare il salto è ancora troppo bassa.

Le Grandi Dimissioni hanno avuto qualche impatto sul settore?

Direi di no. I private banker solitamente sono dipendenti e come tali, considerano ancora il posto fisso sacro. E’ molto difficile cercare di far capire loro che la libera professione apre delle porte, delle conoscenze, un mondo molto più ampio e dettagliato e se vogliamo, anche più redditizio. Nonostante siamo nel 2022,  su questo punto i bancari sono ancora al medioevo. Il private di rete invece, se non ha dissidi o problemi con la struttura, resta dove si trova.

A proposito di reti, cosa consiglia loro di fare per attirare i migliori private banker?

Le reti hanno già delle proposte veramente allettanti, per i private. Una meglio dell’altra. L’unica cosa che consiglio loro è la metodologia impiegata. Solitamente i manager amano risparmiare sul costo di un head hunter valido e  andare per referenze, per ripiegare su figure a basso costo, ma con nulla professionalità. Questo si traduce nello sfinire i professionisti con telefonate continue, che a volte raggiungono lo stalking. Servono qualità nel professionista che si rivolge ai bancari e nel manager che li incontra.

Cosa consiglia ai professionisti per ottenere offerte di lavoro interessanti dalle reti?

Ai private banker consiglio la conoscenza. Mai ascoltare i colleghi che hanno avuto visite con la libera professione, ma basarsi solo ed esclusivamente sulla propria esperienza personale. Fare colloqui con professionisti significa conoscere il proprio valore in ogni rete che si conosce. Conoscere le metodologie di lavoro di varie reti offre un ampio margine di conoscenza, che si immagazzina e si fa proprio. Conoscere manager significa instaurare relazioni, che nel mondo degli investimenti, è necessario. Iscriversi all’albo dei consulenti finanziari è indispensabile. Anche l’iscrizione all’Efpa. Un professionista deve dare il massimo al cliente. E io non mi rivolgerei mai a un private banker sapendo che non ha la qualifica di consulente finanziario.