Editoriali

Pizza e pasta, il problema c’è: “Ci mancherà il Grano”

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Pasta? Potrebbe mancare davvero.  Ma potrebbe mancare anche il gas per cucinarla. Tuttavia, non dimentichiamo l’altro piatto d’eccellenza nazionale: la Pizza. Insomma, va bene la crisi, va bene il Gas, ma senza Pasta e Pizza che vita sarebbe?

Nell’articolo pubblicato nei giorni scorsi sui problemi dalla catena produttiva mondiale, quella che i tecnici chiamano Supply Chain, ho messo l’accento sulla carenza di due degli elementi più preziosi per la nostra quotidianità: cibo e calore, Pasta, Pizza e Gas. Da un lato la mancanza di grano, dall’altra quella del gas, rischiano davvero di far passare un brutto quarto d’ora a tutti noi.

Naturalmente la notizia ha creato non poche polemiche, soprattutto in chi immagina che certe condizioni sociali, ormai acquisite, difficilmente possano essere messe in discussione. Chi avrebbe mai immaginato di non avere il gas per riscaldarsi, per cucinare o semplicemente per farsi una doccia o lavarsi il viso? Chi, aprendo lo scaffale giusto della cucina, avrebbe mai potuto credere di non trovare neanche un miserabile pacchetto di pasta?

Ebbene lo scenario che si sta delineando all’orizzonte è proprio questo. Nell’articolo di due giorni fa ho spiegato alcune delle motivazioni che ci sono alla base di queste possibili carenze di Grano e Gas. Nell’approfondimento odierno voglio dedicarmi più dettagliatamente al problema del GRANO.

Il grido d’allarme arriva anche dalla politica.
La giornata si è aperta con un lancio d’agenzia che sottolineava come il Senatore Saverio De Bonis sollecitasse un intervento del Ministro Patuanelli per contrastare la speculazione in atto nel settore del grano duro e dei prodotti da esso derivati. A dimostrazione che ormai il problema comincia ad essere davvero sotto gli occhi di tutti.

Cominciamo con il dire, però, che non si tratta di una questione tutta italiana. Il rammarico, tuttavia, è legato al fatto che, il nostro Paese con maggiori attenzioni avrebbe avuto l’opportunità di non trovarsi in queste condizioni, visto che avrebbe avuto tutto per aumentare la produzione autoctona. Tra l’altro i  nostri grani godrebbero di migliori qualità organolettiche vista l’esposizione particolare della Penisola.

Ma tutto questo non è stato fatto. Purtroppo.

Ma cerchiamo di capire meglio cosa accade.

«Tra marzo e maggio non avremo abbastanza grano per fare la pasta»  Le dichiarazioni di  Giuseppe Ferro, amministratore delegato della pasta La Molisana, hanno spostato l’attenzione sulla crisi mondiale del grano. Basterebbe guardare i numeri per capire quanto serio sia il problema. La produzione canadese, da cui il nostro Paese riceveva le esportazioni maggiori di grano, ha perduto lo scorso anno metà della produzione da quasi 7 milioni di tonnellate a circa 3,5. Un milione di tonnellate in meno anche per gli USA.

PREZZI ALLE STELLE Con meno grano duro in circolazione i prezzi sono impazziti. Sulle principali Borse merci italiane per i cereali – Milano, Foggia, Bologna – le quotazioni del grano duro sono balzate dai circa 300 euro a tonnellata di giugno agli attuali 500 euro. Questo vale per il frumento nazionale. Invece si è arrivati fino ai 600 euro,  per quello di importazione. Ma sta salendo il prezzo di tutte le derrate alimentari che vengono importate.
Basterebbe seguire l’andamento del FAO Food Price Index per comprenderlo. Il FFPI è una misura della variazione mensile dei prezzi internazionali di un paniere di prodotti alimentari.

Ebbene quest’indice ha registrato una media di 130,0 punti a settembre, in aumento del 32,8% in più rispetto allo stesso mese del 2020. L’indice tiene traccia delle variazioni mensili dei prezzi internazionali delle materie prime alimentari comunemente scambiate. Verificando tutte le voci che compongono il paniera si nota come la crescita dei prezzi riguardi non solo il Grano, ma ad esempio anche il Riso e tanti altri prodotti alimentari.

La cattiva notizia è che i problemi della catena di approvvigionamento mondiale sono più persistenti e più gravi di quanto si pensasse in precedenza. La notizia peggiore è che non c’è un unico motivo da contrastare e superare per cui, nessuna soluzione è semplice.

Soluzioni

Se l’Italia vuole produrre più grano, è questo il momento di deciderlo. Il frumento si semina tra ottobre e novembre, per la raccolta tra giugno e luglio. E’ ora di cominciare a ripensare il modello ed a fare della filiera agricola italiana ciò che davvero merita di essere.