di Anisha Goodly  (TCW)

TCW: debito emergente, tre ragioni per essere ottimisti

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Dopo una prima metà dell’anno frenetica, in cui le economie e i mercati globali hanno dovuto aspettare una crisi inaspettata e senza precedenti, la pausa estiva può essere un buon momento per fare il punto della situazione e prepararsi ai prossimi sviluppi.

La situazione macroeconomica

La nostra valutazione attuale, che rappresenta il nostro scenario di base, è che la ripresa economica sia ormai in corso, sia a livello globale che nei mercati emergenti, essendo iniziata già a metà del secondo trimestre, dopo il brusco stop all’attività economica di marzo e aprile.
Guardando avanti, nel terzo trimestre dovrebbero esserci quindi ulteriori miglioramenti, grazie alla ripartenza generalizzata dell’economia in tutto il mondo.
Tuttavia, le differenze nelle tempistiche e nelle modalità di riapertura – ad esempio nel caso degli Usa – probabilmente faranno da freno per la fiducia, soprattutto nelle economie dove il progresso contro il Covid-19 è stato più irregolare. Più nello specifico, prevediamo che la crescita emergente sovraperformerà quella sviluppata sia nel 2020 che nel 2021.

L’outlook e i rischi per il debito emergente

Per il prossimo periodo, stiamo monitorando con attenzione l’insorgere di possibili ribassi di mercato derivanti dall’incremento dei casi di Covid-19 negli Stati Uniti. Il rischio di coda più evidente per i mercati emergenti al momento è quello di una ricaduta globale nel contenimento del Covid-19, via via che le economie riaprono pienamente. Infatti, se da un lato il lockdown si è già dimostrato uno strumento efficace per ridurre i tassi di contagio in Europa e in Asia, dall’altro si tratta di una misura con un costo economico spaventoso.
Un secondo rischio, collegato al primo, è quello di delusioni relative al processo di ricerca, produzione e distribuzione di un vaccino efficace contro il virus. I mercati sembrano convinti che il vaccino sarà disponibile per tutti nel 2021, cosa che implicherebbe tempi di sviluppo da record.
Se tale ottimismo dovesse venire meno, gli effetti sul sentiment sarebbero molto gravi per l’economia globale e i mercati finanziari. Infine, la crescente attenzione degli investitori alle elezioni Usa potrebbe contribuire ulteriormente alla volatilità.

Ad ogni modo, manteniamo una view costruttiva sul debito emergente, sulla base di tre fattori principali:

1. L’aspettativa sull’inizio di un ciclo di ripresa globale nel 2021, un contesto che storicamente è favorevole per le asset class più cicliche come i mercati emergenti;

2. La debolezza del dollaro Usa, che tende a supportare i prezzi delle commodity e a far confluire capitale nei mercati in valuta emergente;

3. Le valutazioni relativamente attraenti, con un rendimento medio dell’indice EMBI GD del 5,0% in uno scenario in cui circa il 70% dell’obbligazionario globale rende meno del 2% e in cui le banche centrali resteranno accomodanti ancora a lungo.

La valuta forte batte quella locale – per ora

Dal punto di vista valutario, al momento non abbiamo esposizione in moneta locale. Ciò dipende in parte dalle valutazioni attuali: l’indice EMBI GD – che comprende solo obbligazioni in valuta forte – rende 70 punti base in più rispetto all’indice GBI-EM GD – che raccoglie invece i bond in valuta locale – con il vantaggio ulteriore di non essere soggetto alla volatilità dei cambi. Per di più, quest’anno le banche centrali emergenti hanno adottato politiche monetarie volte a sostenere la crescita, permettendo alla propria moneta di svalutarsi.
Detto questo, lo spread tra i tassi sul debito in valuta locale e in valuta forte si sta riducendo, dato che gli spread sul dollaro a loro volta si stanno comprimendo.
Quando le relazioni tra le valutazioni si normalizzeranno ulteriormente e saremo più fiduciosi sulla ripresa economica potremo valutare la possibilità di assumere posizioni anche in valuta locale. Infatti, crediamo che nel lungo temine il dollaro sia destinato a indebolirsi, per via del deterioramento dei fondamentali, della sopravvalutazione e dei tassi reali bassi negli USA.