di Andreas Billmeier (Legg Mason)

Legg Mason: banche centrali e coronavirus: altri tagli in arrivo?

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Dopo il comunicato un po’ deludente del G-7 in cui veniva promessa maggiore cooperazione e poco altro, la Federal Reserve ha provveduto subito a convocare un meeting d’emergenza in cui ha tagliato il target range dei fed funds di 50 punti base.
Quanto è probabile, ci si chiede ora, che le altre banche centrali seguano la mossa della Fed? Abbastanza, ma probabilmente con meno fretta.

Al momento da questo punto di vista non si è registrata una reazione a catena tipica delle situazioni d’emergenza. Certo, è probabile che presto molte altre banche centrali taglieranno i tassi d’interesse, incluse quelle di molti mercati emergenti.
Dal momento che lo shock economico causato dal Covid-19 è considerato almeno in parte uno shock sul lato della domanda, un allentamento della politica monetaria può essere una mossa corretta, e spesso i tagli della Fed hanno portato tagli anche da parte di altre banche centrali.
Detto ciò, ci sono buone probabilità che la maggior parte delle banche centrali europee attenderanno che si tengano i loro meeting previsti (Bce: 12 marzo; Banca d’Inghilterra: 26 marzo) prima di annunciare nuove misure.

Cosa possono fare le banche centrali europee?

Assumendo che anche le banche centrali europee vedano l’epidemia come un fenomeno contro cui debbano fare qualcosa – il che è probabile, anche per ragioni di comunicazione – riteniamo che la Banca d’Inghilterra (Boe) abbia più probabilità della Bce di tagliare i tassi d’interesse, semplicemente perché è in una condizione più favorevole per farlo. Per la Bce, lo soglia per arrivare al taglio dei tassi è più alta, per due motivi: la prima è che il tasso sui depositi è già in territorio negativo; la seconda è che, una volta effettuato il taglio ‘emergenziale’, rialzare i tassi senza innescare un’agitazione del mercato richiederà uno sforzo comunicativo notevole.

Piuttosto, ci aspettiamo che l’istituto di Francoforte guardi di più all’impatto indiretto del rallentamento dell’attività economica e, per esempio, assicuri un livello di liquidità appropriato al sistema bancario e ai bilanci aziendali. In altre parole, è più probabile che si decida una qualche sorta di iniezione di liquidità piuttosto che un taglio dei tassi d’interesse. Ci sembra insomma improbabile un taglio dei tassi senza altre misure a sostegno della liquidità.

Se la Banca Centrale Europea dovesse tagliare i tassi, ci attendiamo che anche diversi altri istituti del continente ne seguiranno le orme: la Svizzera, ma anche la BoE e altre banche centrali del Nord e del Centro Europa. Non ci aspettiamo invece che in questo contesto gli istituti bancari intervengano anche nel mercato azionario, principalmente perché il ruolo che questo gioca nel meccanismo di trasmissione delle politiche monetarie è molto meno forte rispetto agli Stati Uniti, dove un calo del 10% comporta un inasprimento considerevole delle condizioni finanziarie.

Cosa possono fare gli altri policymakers?

Riteniamo che il focus in Europa sarà la politica fiscale. Abbiamo già visto che l’Italia sta per varare diverse misure di stimolo. Se adottate, riteniamo che questi provvedimenti potrebbero avere un buon effetto moltiplicatore della crescita e risultare efficaci. Inoltre, a livello europeo è probabile che verrà messo in atto uno sforzo coordinato, in particolare dopo il summit previsto verso fine marzo e che potrebbe portare un piccolo ma congiunto stimolo fiscale.
Altre due nazioni che stiamo seguendo in questo contesto sono il Regno Unito e la Germania. Nel Regno Unito, il bilancio sarà annunciato l’11 marzo. Data l’attuale situazione politica, ci aspettavamo già che questo sarebbe stato espansivo, e le conseguenze economiche del coronavirus forniranno un pretesto affinché lo sia ancora di più. In Germania, notiamo che si parla molto dell’ampio margine fiscale dovuto ai surplus realizzati in passato.
Riteniamo che un modo rapido di stimolare l’economia sia anticipare il taglio delle tasse messo in programma per il 2021. Visto che si tratta di una misura che interesserà principalmente chi percepisce redditi medi e bassi, è probabile che apporti uno stimolo consistente.

Lo spettro della recessione sull’Europa

L’Europa entrerà in recessione? L’Eurozona nel complesso quasi certamente no, ma alcune aree rischiano di più. La crescita dell’Eurozona nell’ultimo trimestre 2019 ha segnato un +0.1 rispetto al terzo trimestre. Ciò a nostro parere rende improbabile che si scivoli verso una recessione, almeno per quanto sappiamo finora sull’impatto del coronavirus, perché ciò implicherebbe un risultato negativo sia nel primo che nel secondo trimestre 2020.
Ovviamente può accadere, ma solo se si verificasse un grave deterioramento della situazione, anche tenendo conto degli effetti delle politiche di stimolo. Dall’altro lato, Francia e Italia hanno registrato una contrazione nel quarto trimestre dello scorso anno, e la probabilità di una recessione tecnica in questi due paesi è piuttosto alta.