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Tanti bond e poche azioni, così risparmiano gli italiani

Un luogo comune è che gli italiani siano delle formichine, e che risparmino tantissimo. Il totale della ricchezza finanziaria, secondo Bankitalia è più o meno pari a 5.200 miliardi, però circa 1.500 miliardi è cash in banca.
Più o meno 350 miliardi sono investititi direttamente in titoli dello Stato italiano e 900 miliardi sono in polizze vita, che poi sono al 70% investiti in titoli dello stato italiano.

Inoltre gli italiani hanno dato in gestione, o diretta o tramite fondi d’investimento, circa 2.300 miliardi, di cui oltre 2/3 sono ancora in titoli di stato, prevalentemente italiani. Le briciole, qualche centinaio di miliardo, sono investite direttamente sull’azionario. Classificando il risparmio italiano per categorie, il 62,5% è investito sul reddito fisso, il 23% circa è cash, il 14,5% è sull’azionario. Questa è la fotografia che emerge dalle varie banche dati: Assogestioni, IVASS/Bankitalia, FABI.

Però la famiglia italiana risparmia sempre meno: lo dice Eurostat, che fornisce un’analisi comparata sul tasso di risparmio degli europei: nel periodo 2012-2022 la media oscilla intorno al 10% del reddito netto disponibile, contro una media europea (27 paesi) di circa il 12%, con punte di Germania e Olanda con oltre il 17%, Francia intorno al 14% , infine Belgio e Austria oltre il 13%.
A detta di vari economisti, varie sono le cause: inflazione, età anagrafica media sempre più alta, minor produttività strutturale, riduzione del reddito medio pro-capite.

Resta il fatto che 5.200 miliardi sono veramente tanti. Buona parte però se ne va all’estero, sia in bond statali di paesi meno a rischio dell’Italia, sia in borse più efficienti, come quelle UK o USA: gli italiani sono grandi azionisti di Apple, The Coca Cola Company, MC Donald’s, Procter&Gamble, Tesla, Meta, Unilever, British American Tobacco, Astra Zeneca, etc.

La Borsa italiana, con il suo valore complessivo di circa 870 miliardi, fa fatica ad attrarre sia capitali che imprese.
E lo Stato ci mette molto del suo: per un’impresa quotarsi in Italia è complicato sia dal punto di vista burocratico, sia dal punto di vista dei costi.

Però la nostra Borsa attrae molti investitori stranieri: sul segmento STAR la fanno da padrone, nel senso che l’80% del flottante di questa categoria di imprese medie è in mano ad investitori istituzionali esteri. E loro ci vedono bene perché le medie imprese italiane, ancor più delle micro imprese, sono la vera eccellenza del paese.

Questo elemento mi fa pensare che l’idea di puntare alla creazione di un unico mercato dei capitali europeo sia forse la scelta migliore, e forse l’unico modo per reindirizzare i risparmi italiani verso le nostre imprese più meritevoli.