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Mauro Uliassi, l’alchimia dei sapori

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Portavoce della creatività di gruppo, ama giocare con le contaminazioni ispirandosi al profumo del mare. Ma non chiamatelo chef

A cura di Margherita Calabi

Marchigiano, classe 1958, stupisce con la sua cucina, fatta di ingredienti semplici, che affonda le radici nella tradizione della Riviera Adriatica. Entusiasta per natura e portavoce della creatività di gruppo, ama giocare con le contaminazioni, ispirandosi al profumo del mare, ma non solo. Chi è davvero Mauro Uliassi? L’uomo che ha conquistato tre stelle Michelin si racconta.


Lo chef stellato Mauro Uliassi

Come ha avuto inizio la sua avventura da chef?
“Preferisco la parola ‘cuoco’. Faccio questo lavoro da quando ho 17 anni. Studiavo all’istituto tecnico industriale, era una scuola piuttosto noiosa, non vi era l’ombra di una ragazza, così mi sono iscritto alla scuola alberghiera, un istituto allegro, con molte donne. Le mie prime esperienze di lavoro le ho fatte con Lucio Cappannari. Quando ho capito quanto fosse faticoso il mestiere di cuoco mi sono iscritto all’università, alla facoltà di Sociologia. Allo stesso tempo sono entrato a fare parte del corpo degli insegnanti della scuola alberghiera. Studiavo e lavoravo…”.

E poi cosa è successo?
“Mi sono innamorato e da quel momento è cambiato tutto: quando Chantal, che oggi è mia moglie, mi ha chiesto di cucinare per il suo compleanno, l’ho fatto con il cuore gonfio d’amore. Ho preparato una sorta di ‘pranzo di Babette’ con ogni genere di delizie. Fino a quel momento non avevo mai cucinato con il sentimento”.

Nel 1990 ha inaugurato, insieme a sua sorella Catia, il famoso ristorante Uliassi che si affaccia sul mare.Oggi anche suo figlio FIlippo lavora con voi. Com’è il vostro rapporto?
“È molto bello, ma anche molto complicato. Poter condividere con le persone che ami i tuoi traguardi è straordinario. Mio figlio è anche un mio dipendente, mi rivolgo a lui come tale, ma ci sono dei meccanismi emozionali che a volte possono creare dei problemi. E poi c’è mia figlia Rosa che, da Milano, cura la parte della comunicazione e dei social. Mia sorella Catia si occupa della sala: è sempre stata una figura fondamentale, senza di lei non saremmo qui oggi”.

Il 16 novembre 2018 ha conquistato la la sua terza stella Michelin. A cosa può ambire un cuoco del suo calibro dopo questo grande traguardo?
“Per il momento vogliamo focalizzarci su cosa vuole dire avere una terza stella: è un mondo completamente nuovo. Si viene proiettati a livello internazionale in una serie di situazioni trasversali: tutti vogliono avere a che fare con te. Si modifica l’assetto organizzativo, i costi e tutto questo richiede un impegno notevole”.

La sua cucina è ricca di contaminazioni, varianti e abbinamenti. Se dovesse descrivere i suoi piatti in due parole, quali sarebbero?
“Autentici e semplici. Questi sono i parametri che usiamo nel laboratorio creativo, l’Uliassi Lab, che si ispira all’esperienza spagnola [Ferran Adrià a El Bulli aveva un team di chef che si occupavano esclusivamente di far ricerca, ndr]. Ogni anno, tra febbraio e marzo, prima della riapertura del ristorante, mi siedo attorno a un tavolo con i miei collaboratori più stretti: Mauro Paolini, marito di mia sorella, Luciano Serritelli, Yury Raggini, Mattia Casabianca, il pasticcere, Alessio Orlando e Andrea Merloni. Facciamo del ‘brainsailing’: così abbiamo rinominato il nostro brainstorming, un veleggiare con la mente in diverse direzioni. I nostri piatti raccontano il nostro territorio, la nostra storia, sono facili da realizzare e moderni, poiché utilizziamo il meglio dell’avanguardia culinaria”.

Ha sempre detto di aver fatto tutto quello che ha fatto con grande entusiasmo e leggerezza. Che significato ha per lei la parola ‘leggerezza’?
“Leggerezza è quando si fanno le cose con allegria, con facilità. Ho seguito il mio talento, mi sono appassionato e non mi sono accorto di aver passato mesi lavorando 16/17 ore al giorno, sette giorni su sette. Andavo al mercato alle alle cinque del mattino e finivo di lavorare alle due di notte, spesso dormivo al ristorante, ma non ho mai pensato che tutto questo fosse difficile o faticoso. Ero sostenuto dall’entusiasmo e dalla bellezza di quello che stavo facendo”.


Il ristorante Uliassi sulla spiaggia di Senigallia

Una bella donna che vorrebbe invitare a cena nel suo ristorante?
“Dev’essere anche simpatica e intrigante. Potrebbe essere Madonna: ho visto di recente una sua performance con il gruppo musicale Gogol Bordello [tutti i membri vengono dall’Est Europa, ma sono residenti a New York, ndr], mi è piaciuto molto il suo stile, l’ho trovata molto sensuale, quasi erotica”.

Ogni anno nel suo menù presenta dieci piatti inediti, che si affiancano alle sue proposte storiche. Ci racconta quelli di quest’anno? “L’ostrica alla contadina condita con del grasso di ciauscolo, un piatto che unisce la terra e il mare, sta avendo un grande successo; poi l’anguilla grigliata e affumicata, accompagnata da una riduzione di bergamotto e di arancia amara. Un piatto interessante è la cannocchia à la coque: una cicala di mare cucinata esattamente come le uova, accompagnata da una salsa bernese fatta con le uova di coregone, mescolata con delle alghe e aromatizzata con olio di pepe nero e dragoncello. Sono consapevole anche delle responsabilità che ho come cuoco, proprio per questo le scelte che faccio in cucina sono meditate a lungo”.

Lei è una persona molto low-profile: ha sempre detto che fosse indispensabile, davanti al successo, restare con i piedi. Il giornalista Enzo Biagi era del suo stesso avviso e sosteneva che nella vita ognuno di noi dovesse imparare a fare le code in banca e alla posta.. Lei le fa ancora?
“Assolutamente. La mia famiglia mi ha insegnato a fare le cose al meglio e poi a pensare subito ad altro. C’è una descrizione della giornalista Emanuela Audisio che coglie perfettamente l’emozione che mi dà un successo: ‘è una doccia di stupore che vorresti non finisse mai’. La verità è che, prima o poi, finisce. Al ristorante abbiamo una regola: per 72 ore possiamo fare i matti, festeggiare, ma poi si ricomincia. Successi e insuccessi andrebbero vissuti allo stesso modo: con un insuccesso puoi cospargerti il capo di cenere per 72 ore, poi si riparte. Quello che hai vissuto non c’è più”.

Pensa di essere stato guidato da una buona stella o è stato tutto merito di impegno, costanza e determinazione?
“Gli dèi ci stanno proteggendo moltissimo, soffiano da diverso tempo sulla nostra vela e bisogna essere loro riconoscenti. Quando si ha avuto fortuna bisogna ripartirla con il proprio gruppo di lavoro: quello che hai ottenuto è anche merito delle persone che hanno sognato insieme a te. È importante anche avvicinarsi alle persone che soffrono: 12 anni fa ho conosciuto Roberto Frullini, il presidente della Fondazione Dante Paladini, il centro clinico per la diagnosi e la cura delle malattie neuromuscolari. Ogni anno, con la Fondazione, facciamo una cena per raccogliere fondi. Basta poco per restituire la fortuna ricevuta”.

Ama molto anche la fotografia. Come concilia queste due passioni?
“Ero un grande appassionato prima del passaggio dall’analogico al digitale. Ho avuto le più belle macchine fotografiche, ho speso tutti i miei stipendi sulle Nikon. Senigallia era molto influenzata da Mario Giacomelli, uno dei più grandi fotografi in bianco e nero a livello internazionale, che ho avuto il piacere di avere al mio ristorante. La passione per la fotografia è stata la passione per la fotografia di Mario Giacomelli”.

Per concludere, qual è il piatto preferito di Mauro Uliassi?
“Non esiste un piatto preferito, esiste solo il piatto che ti piace di più ed è l’ultimo che hai concepito. Quando si decide di cambiare bisogna fare qualcosa di straordinario, qualcosa che superi nel concetto di gusto quello che è stato fatto fino a quel momento. Bisogna avere tanta creatività, ma anche tanta concretezza”.

L’articolo integrale è stato pubblicato sul numero di luglio/agosto del magazine Wall Street Italia.