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L’ EUROPA E L’AMERICA TIFANO PER IL CANCELLIERE

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(WSI) – Un capo di governo bersagliato dalle uova durante un comizio è un gesto clamoroso persino per i nostri umori e temperamenti latini. Se succede a Gerhard Schroeder durante un comizio, al di là del folklore, è il segnale di una drammatica crisi sociale che va ben oltre la parabola di un singolo leader politico. Anzi, concentrandosi sulla questione dell’immagine del cancelliere, anche tra i media tedeschi si è finito per fare molta confusione: si è parlato tanto delle lunghe (tre settimane) vacanze italiane o della bambina russa di tre anni adottata dai coniugi Schroeder, ma il vero problema della Germania non è il suo «mai-veramente-amato cancelliere».

Il reale interesse della popolazione germanica è concentrato su una sigla: Hartz IV, un pacchetto di misure che taglierà, unificandoli, i regimi dei sussidi sociali e di disoccupazione, una riforma che interessa 2,5 milioni di disoccupati tedeschi «a lungo termine», più della metà dei 4,4 milioni totali. La protesta è scoppiata quasi a prescindere dal cancelliere nel sempre più irrequieto Est – inevitabile, lì il tasso di disoccupazione è del 18% contro l’8% del vecchio Ovest – riesumando le «proteste del lunedì» che servirono a muovere contro l’agonizzante regime della Ddr.

In realtà il problema è tutto nuovo: quello della terza economia del mondo, della sempre più ex locomotiva d’Europa, che vede crollare un modello di sviluppo che ne ha permesso i successi. Lo hanno già capito le imprese, che hanno chiesto ai loro dipendenti orari di lavoro più lunghi, maggiore produttività, blocco dei salari con la “velata” minaccia di trasferirsi armi e bagagli nell’est Europa o in Asia. Lo ha capito la maggioranza di governo di centrosinistra, che ha messo a punto l’Agenda 2010 – un pacchetto di riforme di cui l’Hartz IV è solo una parte – e annuncia di voler tirar dritto nonostante le proteste e nonostante le prossime elezioni nei laender della Sassonia e del Brandeburgo che si annunciano molto difficili per il governo.

A Berlino, più che alle uova, guardano a un deficit pubblico vicino al 4% che per il terzo anno consecutivo si prepara a violare il Patto di stabilità, e vogliono scuotere una domanda interna ormai cronicamente stagnante, tanto da aver generato due recessioni dal 2000 e, persino ora che la ripresa mondiale sta facendo volare le esportazioni (+3,2% in aprile-giugno 2004 rispetto all’anno precedente), nulla accade ai consumi interni.

Il resto d’Europa assiste, spettatore interessatissimo, non solo perché senza la Germania la crescita continentale è destinata a rimanere un miraggio, ma anche perché solo se l’esperimento tedesco dovesse mostrarsi riuscito di colpo quella diventerebbe una «plausibile politica europea», in maniera molto più concreta dei vaghi obiettivi sulla competitività del trattato di Lisbona. Con le attuali difficoltà dell’Unione nel suo complesso, solo un esempio nazionale forte potrebbe rappresentare la svolta al dilemma della scarsa crescita. Insomma a Berlino si gioca la partita decisiva, ma non solo per l’Europa, come ha fatto capire anche il governatore della Fed, Alan Greenspan, cha ha definito le difficoltà dell’area euro un fattore dell’instabilità sulla tenuta della crescita americana.

A Bruxelles come a Washington, sono in molti a sperare che le prossime uova, se dovessero arrivare, continuino a mancare il bersaglio, ma soprattutto che Schroeder e la sua maggioranza rosso verde non se curino troppo. La ricompensa, per lui e per tutti i governi di successo, è quella di poter emulare il governo di Tony Blair che si può permettere di annunciare un taglio dei dipendenti pubblici tra gli applausi. “Miracoli” che solo una crescita costante del 3% del pil ogni anno può realizzare.

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