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Jobs Act, Unimpresa: i veri effetti sul mercato del lavoro

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ROMA (WSI) – Quali saranno i veri effetti sul mercato del lavoro del tanto contestato Jobs Act? Il Centro Studi di Unimpresa fa il punto della situazione, sottolineando che a suo avviso i primi effetti della riforma si sentiranno a giugno e che ci saranno 250.000 contratti a tempo indeterminato entro la fine dell’anno.

Il Centro Studi commenta così le nuove norme sui contratti a tempo indeterminato a tutele crescenti varate dal governo con il decreto legislativo pubblicato venerdì sulla Gazzetta ufficiale.

Le assunzioni ci saranno, ma solo in parte saranno riservate ai disoccupati. Molte riguarderanno stabilizzazioni di precarie e emersione dal lavoro nero. Dunque, non significa comunque che 250.000 persone attualmente senza lavoro ne troveranno uno. Non si tratterà cioè “di occupazione aggiuntiva al 100%”, specifica la nota.

Secondo Unimpresa, “l’incremento dei contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato previsti dalle nuove norme sulle tutele crescenti sarà legato in parte alla stabilizzazione degli attuali precari (tempo determinato, contratti a progetto, partite Iva), in parte all’emersione di occupazione irregolare o cosiddetta “in nero”, in parte a nuove assunzioni di disoccupati in senso stretto derivanti da incremento di produzione e prospettive di crescita delle aziende italiane”.

I settori che potrebbero “sfruttare di più l’intervento normativo” sono turismo, agricoltura e servizi”.

Il presidente di Unimpresa Paolo Longobardi, sottolinea: “gli sgravi contributivi rendono vantaggioso il nuovo contratto a tempo indeterminato, ma certamente il governo deve mettere il piede sull’acceleratore per migliorare le condizioni in cui operano le imprese italiane, a cominciare dalla riduzione del carico fiscale per poi passare allo snellimento della burocrazia e al miglioramento delle infrastrutture: l’area di disagio sociale è composta da oltre 9 milioni di persone e la strada per ridurla è lunga”.

“Almeno nel breve periodo, poi, intravediamo qualche rischio legato alla creazione di un mercato del lavoro a due velocità: potrebbe aumentare l’ingessamento della forza lavoro nei grandi gruppi, poco disposta a cambiare e quindi a smuovere il settore occupazione per paura di perdere le tutele piene del vecchio articolo 18”.