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Ior: Credito Valtellinese svela nomi dietro alle transazioni scandalo

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ROMA (WSI) – Dopo quattro anni ci siamo. Stanno per rientrare all’interno delle mura di Città del Vaticano i 23 milioni di euro all’origine dello scandalo finanziario che ha travolto lo Ior, la banca vaticana.

Nelle casse della banca di dio rientrerà per intero la somma posta sotto sequestro nel 2010 per ordine della Procura di Roma per via della provenienza e la destinazione sospetta dei fondi che erano stati fatti passare di mano tramite la Cei e l’arcivescovo Carlo Maria Viganò.

È stata la richiesta del presidente dell’istituto del Vaticano Jean-Baptiste de Franssu a sbloccare il tutto.

Dopo 4 anni nel limbo, non solo si rivedranno i soldi del conto dello Ior presso il Credito Valtellinese (ex Artigiano), ma si possono finalmente conoscere i nomi dietro alle transazioni non trasparenti che hanno fatto scoppiare uno dei maggiori scandali ad aver travolto l’istituto.

Lo Ior ha chiesto al Credito Valtellinese di far rientrare i soldi per aprire in seguito un vero e proprio conto bancario di corrispondenza, in cui verranno dirottati in rispettanza delle leggi anti riciclaggio di ottobre 2013.

Verrà così posto rimedio a quella che è stata, per motivi storici, un’anomalia tutta italiana. Lo Ior agiva in Italia come cliente, ma al tempo stesso per i suoi clienti, i cosiddetti conti misti.

L’indagine sui conti e gli affari ‘sporchi’ dello Ior è stata condotta dai procuratori romani contro l’ex presidente Ettore Gotti Tedeschi, prosciolto a inizio 2014, e contro Paolo Cipriani e Massimo Tulli, allora rispettivamente direttore generale e vice direttore generale dell’Istituto.

Come racconta il Corriere della Sera la situazione si è sbloccata dopo che in una lettera al Credito Valtellinese, l’Istituto, “su base spontanea”, ha voluto rivelare i beneficiari di 36 transazioni avvenute sul quel conto prive di quegli “elementi che possano avere reso poco chiara l’origine, la titolarità o la destinazione dei fondi”.

Si tratta di una rimessa del 2008 di 15 milioni da parte della Conferenza episcopale italiana (Cei).

A tale operazione se ne devono aggiungere altre due da 2 milioni e 300 mila euro e da un milione e 495 mila euro, che hanno come soggetto l’arcivescovo Carlo Maria Viganò e che risalgono a maggio 2009.

Infine un’altra da poco più di un milione dell’«Ass. Aiuto alla Chiesa che soffre». “Tutte le altre sono di importi molto inferiori. Niente nomi né di politici né di clienti cosiddetti ‘laici'”.

Il consigliere italiano dello Ior, Carlo Salvatori – riporta Maria Antonietta Calabrò sul giornale milanese – “è stato parte molto attiva nei colloqui e tutto si è svolto sotto l’occhio vigile dell’Uif della Banca d’Italia e dell’Aif vaticana, diretta dallo svizzero René Brülhart”.

(DaC)