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In Cina è partito il “revenge spending”, presi d’assalto negozi di lusso

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Mentre resta un’incognita la riapertura graduale delle città gli economisti hanno già cominciato a ipotizzare che uno dei primi comportamenti dei consumatori dopo l’emergenza coronavirus sarà il cosiddetto “revenge spending”, o anche revenge shopping, ovvero “fare l’acquisto di prodotti per vendetta” contro l’isolamento, il virus e l’immobilità forzata.

Un primo assaggio si è avuto nei giorni scorsi, quando, entrati nella fase due, i cinesi si sono riversati nei negozi del lusso per fare shopping. Lo dimostra il boom di incassi riportati dalla nuova boutique di Hermès a Canton che, sabato scorso, ha riaperto i battenti dopo le lunghe settimane di lockdown.

In una solo giorno la maison francese ha registrato un incasso di 2,7 milioni di dollari, fatturato mai raggiunto prima da un negozio in Cina.

Le vendite record di Hermès suggeriscono che i ricchi cinesi, dopo lunghi mesi dedicati ai consumi essenziali, sembrano voler “consolarsi” con acquisti di lusso.

Se questa è la tendenza, i prossimi mesi si preannunciano decisamente brillanti per i conti del comparto del lusso.

Del resto, il revenge spending è un fenomeno nato in Cina subito dopo la rivoluzione culturale della metà degli ’80 del secolo scorso e in parte si era già manifestato nel 2003 dopo l’epidemia da Sars.

Oggi però la voglia di spendere sembra più forte rispetto al passato secondo quanto riporta il China Daily e si concentra soprattutto su beni non necessari: lusso, ristorazione, intrattenimento e viaggi saranno, almeno sulla carta, i settori maggiormente coinvolti in questa rinascita dei consumi nel post coronavirus.