Editoriali

Il coronavirus? Un virus artificiale, dice un nuovo studio

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Uno studio condotto da un gruppo di scienziati guidati da Alex Washburn, biologo matematico che gestisce Selva, una piccola startup scientifica sul microbioma con sede a New York City attesta l’origine artificiale del coronavirus. I tre l’attestano, dopo aver tagliato i genomi del coronavirus in piccoli pezzi, hanno concluso che “sono completamente diversi dagli altri coronavirus naturali”.

Lo studio, ripreso dal settimanale “The Economist” dice che una stringa di circa 30.000 lettere genetiche è stata tutto ciò che è servito per iniziare l’incubo del Covid-19, il cui bilancio delle vittime dovrebbe essere superiore a 20 milioni. Il modo esatto in cui questa storia è iniziata è stato fortemente contestato. Molti pensano che la pandemia sia stata dovuta a una zoonosi, una ricaduta, come molti nuovi agenti patogeni, dagli animali selvatici, poiché assomiglia a un gruppo di coronavirus trovati nei pipistrelli. Altri hanno indicato l’entusiastica ingegneria del coronavirus in corso nei laboratori di tutto il mondo, ma in particolare a Wuhan, la città cinese in cui il virus è stato identificato per la prima volta. Nel febbraio 2021 un team di scienziati riuniti dall’Organizzazione mondiale della sanità ( OMS ) per visitare Wuhan ha affermato che una perdita di laboratorio era estremamente improbabile. Tuttavia, tale conclusione è stata successivamente contestata dal capo dell’Oms, che ha detto che escludere questa teoria era prematuro.

The Economist: le origini del Covid artificiali? Ecco il nuovo studio che lo confermerebbe

La loro analisi suggerisce che il coronavirus condivide una serie di caratteristiche genomiche che, secondo loro, sarebbero potute emergere se il virus fosse stato geneticamente modificato. Qualsiasi conclusione ampiamente supportata secondo cui il virus è stato geneticamente modificato avrebbe profonde implicazioni, sia politiche che scientifiche. Ciò getterebbe una nuova luce sul comportamento del governo cinese nei primi giorni dell’epidemia, in particolare sulla riluttanza a condividere i dati epidemiologici di quei giorni. E solleverebbe anche domande su cosa, quando e chi era a conoscenza della presunta diffusione accidentale del virus ingegnerizzato.

Insoma, lo studio di Alex Washburn apre nuovi scenari, inquietanti scenari.