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I FISCHI DEI TAMARRI

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(WSI) – La rivolta dei tamarri emilianoromagnoli
non s’era mai vista prima
di domenica scorsa al Motor Show di
Bologna. Per questo Romano Prodi ha
potuto fingere d’averla fraintesa come
“una gazzarra di maleducati organizzata”
dall’opposizione. Prodi è un professore
ciclista che corre lento e senza
strappi, sicché non può capire l’essenza
di questa figura della modernità regionale
che è il tamarro.

Edmondo
Berselli, su Repubblica, è andato vicino
a comprenderla quando ha parlato
di “frammento dell’Italia generica non
propensa a sottilizzare”. Ma siccome
anche Berselli è un professore, alla fine
si è perduto nella sua breve dissertazione
scettica sulla “società naturaliter
di destra” della quale parlava
Norberto Bobbio. Ovvero sulla così
detta “plebe borghese”, secondo la definizione
creata da Antonio
Gramsci e rinfrescata da
Fausto Bertinotti.

Quando
però il giovane devoto ai motori
fa d’improvviso la faccia
brutta, sia la vittima sia il
commentatore dovrebbero
invece sospettare che il fenomeno
è popolare, prepolitico
e non troppo sociologizzabile.
Perché il tamarro
emilianoromagnolo è un essere
deideologizzato da prima che le
ideologie franassero insieme
con il muro di Berlino.

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A volte si chiama
Loris come il bolognese
Capirossi e per lo più venera
Rossi Valentino – sebbene sia
marchigiano di nascita – come un vincente
mitologico che vorrebbe promosso
nel grande circo dell’automobilismo
di Formula 1. E’ questo, e non il pathos
cerebrale della politica, il sentimento
primario di ragazzi cresciuti sopra un
motore a due tempi o svezzati sui circuiti
di go kart che solcano il lungomare
della riviera. Nutriti di piadina e
modernismo e velocità su strada, vestiti
di gomma e di pelli sintetiche, i tamarri
emilianoromagnoli non sfigurano
mai alle feste dell’Unità o nei circoli
dell’Arci, ascoltano il rock metallico
e, sebbene avvezzi ad altissime cilindrate,
illanguidiscono quando Cesare
Cremonini fa l’elogio dell’“andare in
giro per i colli bolognesi” con la Vespa
special. Oltretutto sono naturalmente
inclini ad associare al profilo scintillante
di un motore l’immagine curvilinea
di qualche miss Quattroruote locale.

Femmine e motori sempre stampati
insieme sopra i calendari e appesi ai
muri in omaggio al deposito di sessismo
che sopravvive nella lussuriosa
Emilia-Romagna.
Perché queste persone così per bene
abbiano fischiato Prodi, è quesito
di lieve importanza. Sono in diffusa
compagnia, pagheranno anche loro più
tasse e hanno il diritto di lamentarsene
senza aver frequentato i seminari
della destra berlusconiana.

Si può allora
azzardare che a casa propria – e il
Motor Show lo è certamente – i tamarri
non sappiano cosa farsene di un premier
che s’intromette nel loro mondo
col cardigan azzurro pastello e la scorta
in giacca e cravatta? Sì che si può. E
anzi se Prodi avesse slacciato il primo
bottone della camicia e avesse ascoltato
i consigli di Red Ronnie: “Romano,
parla ai ragazzi dell’Iva troppo alta sui
cd”, probabilmente i tamarri gli avrebbero
perdonato l’aria livida e magari
ci sarebbe scappato un invito a sfrecciare
su una motocicletta cromata.

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