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I family office riscoprono i fondi comuni, dove investono nel 2025

Per proteggere i propri portafogli, i family office stanno adottando strategie di copertura quali fondi comuni, hedge fund e, tramite un approccio selettivo, anche i metalli preziosi.

Così emerge dal Global Family Office Report 2025 di UBS, un’analisi approfondita basata sulle risposte di 317 family office in oltre 30 Paesi. Il report fotografa le scelte di investimento di queste strutture nell’attuale contesto economico, segnato da incertezza e ricerca di nuove soluzioni per diversificare i portafogli.

Giovanni Ronca, Head of UBS GWM in Italia, ha sottolineato che “in un periodo caratterizzato dall’incertezza data dalla guerra commerciale in atto, i family office italiani continuano a guardare al futuro con una strategia volta alla stabilità, concentrandosi su asset class tradizionali e mercati sviluppati. Anche in Italia, l’obiettivo principale resta preservare e accrescere il patrimonio familiare, attraverso una solida diversificazione e un’attenzione crescente alle opportunità che potrebbero influire positivamente sul patrimonio. In questo scenario, la nostra esperienza nella gestione patrimoniale diventa fondamentale, soprattutto in momenti cruciali come il passaggio generazionale”.

Rischio e incertezza: prudenza e selettività anche nel 2025

Nonostante i timori generali sui mercati, il 59% dei family office prevede di mantenere nel 2025 lo stesso livello di rischio del 2024, rimanendo coerenti con gli obiettivi di lungo periodo. Tuttavia, il 38% segnala difficoltà nell’individuare strategie efficaci per la gestione dei rischi, mentre il 29% evidenzia l’imprevedibilità degli asset considerati tradizionalmente “sicuri”.

In risposta, il 40% degli intervistati punta su una maggiore diversificazione attraverso la selezione dei gestori e la gestione attiva. Seguono gli hedge fund (31%), gli asset illiquidi (27%) e il reddito fisso di alta qualità e a breve scadenza (26%). Interessante anche la crescente attenzione ai metalli preziosi: il 19% li utilizza già attivamente, e il 21% prevede di aumentare la propria esposizione nei prossimi cinque anni.

Secondo l’indagine di UBS inoltre, nel 2024 si osserva un graduale spostamento dell’allocazione verso asset liquidi nei mercati sviluppati. I family office cercano opportunità nei titoli pubblici, spinti anche dai trend strutturali legati a intelligenza artificiale, energia, risorse e longevità.

Le azioni nei mercati sviluppati hanno raggiunto in media il 26% del portafoglio, con previsioni di aumento fino al 29% nel 2025. Guardando a un orizzonte quinquennale, il 46% prevede una crescita dell’esposizione azionaria. In confronto, solo il 23% intende incrementare l’investimento in obbligazioni nei mercati sviluppati.

Mercati emergenti: interesse in crescita, ma resta la cautela

L’esposizione ai mercati emergenti resta limitata, con solo il 4% allocato in azioni e il 3% in obbligazioni nel 2024. Tuttavia, si prevede un aumento di interesse per India e Cina nel 2025. Le barriere principali restano le preoccupazioni geopolitiche (56%), l’incertezza politica e il rischio di default sovrano (55%), seguiti dalla svalutazione delle valute (48%) e da problemi regolatori (51%).i

Nonostante una lieve riduzione prevista, gli investimenti nei mercati privati restano rilevanti. Nel 2024 rappresentano il 21% dei portafogli, ma per il 2025 si prevede una riduzione al 18%, soprattutto per quanto riguarda gli investimenti diretti. La combinazione tra alti tassi d’interesse, capital market deboli e minori operazioni di M&A limita le possibilità di exit.

A livello geografico, il Nord America si conferma prima destinazione per gli investimenti con il 53%, seguito dall’Europa occidentale (26%). Le allocazioni in Asia-Pacifico (esclusa la Cina) e in Cina si attestano al 7% ciascuna, in leggera flessione rispetto all’anno precedente.

Successione e governance: una sfida ancora aperta

Nel contesto del più grande trasferimento di ricchezza intergenerazionale della storia, solo il 53% dei family office dispone di un piano di successione patrimoniale. I motivi dell’assenza di pianificazione? Il 29% dei beneficiari ritiene di avere ancora tempo, il 21% non ha preso decisioni e il 18% non ha trovato il momento giusto per discuterne.

Quando un piano esiste, le sfide principali sono due: garantirne l’efficienza fiscale (64%) e preparare la nuova generazione alla gestione responsabile del patrimonio (43%). Tuttavia, solo il 26% coinvolge fin da subito gli eredi nella pianificazione.