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Gli altopiani e le icone di Steve McCurry

A Biella la mostra di uno dei più importanti fotografi al mondo. I suoi scatti sono testimonianze potenti di vita con le sue tragedie e le sue rinascite

Il 6 dicembre 2024 ha aperto a Biella la mostra fotografica di uno dei più importanti fotografi al mondo: Steve McCurry. La mostra sarà divisa in due sezioni: nella prima ‘Uplands’ si potranno ammirare un centinaio di immagini dedicate alle ‘Terre Alte’ di Tibet, Nepal, Mongolia, Birmania, Afghanistan, Etiopia e Giappone. In questa prima sezione, ospitata a Palazzo Gromo Losa, domina la maestosità della montagna, colta nella sua essenza, nel suo silenzio, nel suo ritmo lento, ma anche il rapporto che l’uomo instaura con la natura e gli animali che la popolano.
McCurry con i suoi potenti scatti immortala la bellezza del paesaggio, ma soprattutto coglie lo spirito dei suoi abitanti, pastori tibetani, tribù africane, giovani donne del luogo e non solo. Nella seconda sezione ‘Icons’, invece, ospitata a Palazzo Ferrero, saranno esposte ventotto delle sue fotografie più celebri e su tutte spicca ‘la Ragazza Afghana’ una delle immagini più conosciute al mondo.
La fotografia fu scattata da McCurry nel 1984 in Pakistan in un campo profughi, che accoglieva gli afghani in fuga dalla guerra. In quell’occasione Steve fotografò Sharbat Gula una ragazzina ospite del campo di Peshawar: la fotografia fu scelta come immagine per la copertina del National Geographic e diede a McCurry fama internazionale. Lo sguardo fiero di Sharbat, con i suoi verdi occhi penetranti, carico di resilienza e forza d’animo è diventato un simbolo non solo della tragicità della guerra e delle sue conseguenze, ma anche della fierezza e della combattività di un popolo martoriato che non si arrende davanti alle sue atrocità.

Chi è Steve Mc Curry.

Steve McCurry nasce 74 anni fa a Philadelphia, si laurea in cinematografia e teatro all’università della Pennsylvania, ama fotografare e viaggiare. Alla fine degli anni ‘70 incomincia a lavorare come freelance in India e poi in Afghanistan. Il suo viaggio in India che avrebbe dovuto durare due settimane, durò invece due anni. Poi l’Afghanistan. Nel 1979, poco dopo l’invasione russa del Paese McCurry riuscì ad attraversare il confine con il Pakistan e in abiti tradizionali afghani, senza documenti, munito solo di un coltellino svizzero e del suo coraggio, con la macchina fotografica nascosta in sacchi di tela. Il fotografo Usa varcò il confine e giunse in terra afghana realizzando le prime immagini che mostrarono al mondo intero il conflitto.
Le sue fotografie fecero il giro del mondo e nel dicembre del 1979 il New York Times pubblicò in prima pagina proprio gli scatti di McCurry per testimoniare l’invasione sovietica del Paese. Per 50 anni McCurry si è dedicato a documentare i conflitti internazionali in Iran e Iraq, in Libano, in Cambogia, nelle Filippine. Grazie al suo coraggio sul campo e alle sue splendide foto ha ricevuto premi e riconoscimenti, uno su tutti il premio “Robert Capa Gold Medal for Best Photographic Reporting from Abroad”.

Che cos’è la fotografia per Mc Curry?

La fotografia è, così egli dichiara ‘documentare’ e ‘testimoniare’ eventi reali, raccontare delle storie, far conoscere persone e luoghi. Così ha fatto McCurry documentando e raccontando guerre, ma anche usi e costumi, tradizioni, modi di essere e di vivere di Paesi lontani. Tutto attraverso la forza delle immagini che hanno come protagonista l’essere umano, la sua anima, la sua essenza, non il semplice aspetto fisico. I ritratti di McCurry sono carichi di emozioni, di messaggi interiori, non sono solo semplici fotografie. Profondo è il legame che il fotografo instaura con il suo soggetto.
Dietro ogni scatto c’è tempo, fatica, ricerca, per cogliere ciò che rimarrà immortale. Steve fotografa ciò che accade in quel momento: girando l’angolo di una strada in India, guardando il volto di una ragazza del luogo o di un vecchio sarto, che dopo un’alluvione, immerso nell’acqua, sta salvando l’unico suo mezzo di sostentamento, la sua vecchia macchina da cucire e imbarazzato accenna un timido sorriso davanti all’obiettivo. Le sue fotografie sono testimonianze potenti di vita con le sue tragedie e le sue rinascite, “un contributo anche se piccolo”, come dice McCurry “affinché si possa costruire un mondo migliore”.

L’articolo integrale è stato pubblicato sul numero di novembre del magazine Wall Street Italia. Clicca qui per abbonarti.