Per Sant’Andrea Milano, tessuti innovativi, stile contemporaneo e una manifattura artigianale classica
A cura di Margherita Calabi
Oggi l’azienda Saint Andrews, parte del gruppo Trabaldo Togna, è finalizzata a proporre sempre di più un prodotto di lusso unico, realizzato con tessuti innovativi. Anche grazie al suo nuovo marchio d’eccellenza, Sant’Andrea Milano. Ma qual è il segreto del successo di un marchio sartoriale contemporaneo? Lo racconta a Wall Street Italia Pier Luigi Canevelli, ceo di Saint Andrews.
Pier Luigi Canevelli, ceo Saint Andrews
Il marchio Sant’Andrea Milano nasce con la collezione A-I 2018/19. Come si differenzia sul mercato?
“Proponiamo tessuti di alta gamma prodotti internamente – come cashmere e vicuna, 150s e 180s – su capi esclusivi. Ci focalizziamo sul binomio tra sartoriale e tessuto innovativo, come il nostro Estrato, prodotto da Trabaldo Togna, un elasticizzato naturale con un livello altissimo di comfort e di performance. Per valorizzare questa caratteristica del tessuto proponiamo molto le giacche sfoderate: sempre attuali, sono belle fuori e belle da guardare anche internamente”.
Parliamo dell’abito. Come lo si porta questa stagione?
“In maniera più décontractée. Con un dolcevita di cashmere e seta, per esempio, sempre di Sant’Andrea. Abbiamo sviluppato una maglieria pensata per l’abito, abbastanza leggera e sottile, che possa essere confortevole sotto una giacca, ma pur sempre elegante. Il tutto, poi, deve giocarsi con abbinamenti di colore, anche in funzione di chi si è. Non tutti nascono con il fisico di Cary Grant… Il piacere maggiore per un uomo è quello di indossare un abito intero. La giacca è favolosa, fa parte del repertorio nel guardaroba. Ma mi piace insistere sul concetto dell’abito, che oggi dev’essere interpretato in maniera diversa”.
Un abito della collezione primavera-estate 2019
Si parla di crisi dell’abito. Cosa ne pensa?
“È crisi se l’abito lo si vede in maniera tradizionale: l’abito di vecchia foggia sartoriale, con le spalle costruite, è un po’ superato. Le linee si sono alleggerite. Oggi l’esigenza principale per un marchio come il nostro è dare la possibilità al cliente di essere elegante e raffinato, a seconda della propria personalità. Ognuno ha la sua eleganza”.
E’ vero che è ritornato il doppiopetto?
“Il doppiopetto funziona benissimo, anche da solo. Può essere sdrammatizzato, reso meno pesante, meno strutturato, magari in un modello da un petto e mezzo e non due petti, in un tessuto più semplice, sbarazzino. Indossato con pantaloni in denim o le sneaker funziona, se si è giovani. Torno a ripetere: l’eleganza è sapersi mettere qualcosa che fa sentire a proprio agio”.
Cosa non può mancare nel guardaroba di un uomo?
“I classici vestiti mono e doppiopetto blu, gessati, un bel Solaro, qualche abito di lino per l’estate, delle giacche di cashmere o di lana di una grammatura un po’ più pesante dei soliti pettinati da 280 grammi. Direi anche degli indumenti di velluto, che è molto confortevole. Abbiamo presentato una bellissima giacca di velluto doppiopetto per l’Autunno-Inverno 2019/20”.
Un abito della collezione primavera-estate 2019
Chi è il vostro cliente? Cosa predilige l’italiano rispetto allo straniero?
“Il cliente italiano è il più evoluto, conosce il prodotto ed è capace di distinguerlo. Ha delle idee, è capace di fare degli abbinamenti più facilmente di altri uomini, per i quali si devono suggerire outfit e accostamenti. Ma, proprio per questo, il cliente italiano è più restio a spendere ed è quindi più difficile da intercettare.
Chi sarebbe il testimonial perfetto per il suo marchio?
“Se fosse un grande sportivo sarebbe il tennista Roger Federer”.
Qual è la vostra ambizione?
“Quella di vestire il mondo più serioso dei professionisti e dei bankers, magari svecchiarli, renderli altrettanto eleganti e seriosi con abiti dalle linee più aggiornate. Si può essere eleganti e raffinati senza dover mettere una camicia e una cravatta sotto un abito”.
Cravatta si o cravatta no?
“Sì, in alcune circostanze, ma non sempre. Non è necessario indossarla sotto un abito intero: se non si vuole mettere la cravatta bisogna però saper scegliere cosa indossare e con quali tessuti realizzare l’abito. Un abito gessato blu classico con una camicia bianca, ad esempio, non può essere indossato senza”.
Dove vendete oggi?
“In questo momento negli specialty store del mondo. Le soddisfazioni maggiori le abbiamo avute negli Stati Uniti. Oggi siamo molto concentrati sulla ricerca dei materiali e delle linee, sul prodotto da proporre di stagione in stagione e sulla distribuzione. Siamo focalizzati sui mercati di Stati Uniti d’America, Europa Continentale, Russia, Ex Unione Sovietica, Giappone. E poi abbiamo il prodotto su misura, il bespoke, dove siamo fortissimi”.
Se dovesse quindi riassumere la vostra equazione vincente?
“Tessuti innovativi, stile contemporaneo e una manifattura artigianale classica”.
La Stanza dell’Uomo, il nuovo showroom del marchio in via Bagutta 8 a Milano
Avete uno showroom a New York, al 161 West 61 Street, e avete da poco inaugurato la Stanza dell’Uomo, un nuovo spazio in via Bagutta 8 a Milano. Ce lo racconta?
“La Stanza dell’Uomo che abbiamo inaugurato a novembre 2018 all’interno del Quadrilatero della moda sta lavorando, stiamo investendo molto a livello di comunicazione per fornire il su misura perfetto agli italiani. È una suite metropolitana che vuole essere lo specchio del nostro prodotto: un servizio antico reso più fresco, in un ambiente più moderno, anche per facilitare l’approccio di gente più giovane. I trentenni sono attirati da un bel prodotto, bisogna farglielo vedere e conoscere. Un bell’abito è percepito da chiunque. E una volta che lo si prova si capisce la differenza. Come stile, strizziamo l’occhio in direzione di Tom Ford. Non vogliamo essere Tom Ford, ma se dobbiamo pensare a un uomo contemporaneo, guardiamo in quella direzione”.
Quanto conta investire sui cervelli in una realtà come la vostra?
“Dal 1 di gennaio è salito a bordo l’ex direttore di produzione di Brioni: c’è una grandissima soddisfazione per questa acquisizione che porterà professionalità, cultura e competenza. Le aziende come la nostra rimangono sul mercato soprattutto se investono sui cervelli, sulle persone, senza le quali si può fare poco”.
Quote rosa: a Bellocchi di Fano, sede della Saint Andrews, 170 sarte producono a mano ogni singolo capo. Sono tutte donne dedicate al proprio lavoro. Perchè questa scelta?
“Abbiamo un grande rispetto per le maestranze. La Saint Andrews è un’azienda di donne. Sono abituato a vedere questa fabbrica tutta al femminile, mi fa un enorme piacere, è un un universo umano magnifico. Qui si comprende appieno il valore della donna, che è straordinariamente importante. Poi, per cucire, la mano di una donna è unica. È bello vedere le mani delle donne che lavorano, soffermarsi e guardare i loro movimenti. Vi è molta armonia”.
L’articolo integrale è stato pubblicato sul numero di febbraio del magazine Wall Street Italia