
Negli Stati Uniti, il ruolo del consulente finanziario ha subito un’importante trasformazione, passando da semplice intermediario di prodotti finanziari a wealth manager olistico, capace di erogare una gamma completa di servizi personalizzati e di instaurare con la clientela di fascia elevata una relazione basata sulle esigenze, andando oltre le soluzioni.
Questa la fotografia che scatta Vanguard sull’evoluzione del settore della consulenza finanziaria negli Usa, sottolineando trend emergenti e le possibili applicazioni al mercato italiano.
L’identikit del consulente finanziario negli Usa
I wealth manager, pur rappresentando solo il 10% dei consulenti gestiscono il 18,2% degli asset del mercato Usa grazie ai loro alti livelli di produttività. Nel dettaglio, i wealth manager con i maggiori portafogli lavorano nell’ambito delle wirehouse a cui sono affidate masse totali pari a 10.500 miliardi di dollari, in un mercato che complessivamente vale 37.100 miliardi di dollari. L’ammontare medio dei portafogli dei wealth manager che operano in queste reti è a pari a 269,9 milioni di dollari.
Il wealth manager statunitense ha caratteristiche ben definite: un’esperienza media di 19 anni nel settore, con una forte predominanza maschile (81,6%) e un’età compresa prevalentemente tra i 35 e i 64 anni.
La capacità di offrire servizi aggiuntivi, come la consulenza legale e fiscale, è un elemento chiave del successo dei wealth manager delle wirehouse. Il numero medio di clienti gestiti per consulente è di 101, di cui 38 donne. La distribuzione dell’età dei clienti mostra una netta prevalenza di investitori tra i 50 e i 69 anni, mentre l’8% dei wealth manager ha inoltre clienti con un’età inferiore ai 40 anni.
Consulenza a parcella pagata in media lo 0,96%
Secondo Vanguard inoltre, il 72% dei wealth manager statunitensi oggi utilizza un modello di remunerazione a parcella, che garantisce maggiore trasparenza e allineamento con gli interessi del cliente. In media, negli Usa la consulenza a parcella è pagata 96 punti base.
Perché prevale la consulenza a parcella? Per la maggiore chiarezza nei costi e la crescente domanda di servizi personalizzati. Nel 2013, il 62% dei clienti riteneva poco chiari i costi della consulenza finanziaria, ma nel 2023 questa percentuale è scesa al 21%. In parallelo, la quota di consulenti che adottano il modello a parcella è passata dal 31% al 72% e ci si aspetta che arrivi al 77% entro il 2026.
Metà dei portafogli investiti in ETF
L’asset mix medio di un consulente finanziario americano è bilanciato tra attivi e passivi, con un ruolo crescente di ETF e fondi indicizzati che oggi con il 38% pesano quanto i fondi attivi. Circa il 90% dei consulenti statunitensi utilizza ETF e fondi passivi e circa il 70% di loro utilizza questi strumenti per la parte core del portafoglio.
In Italia 3.800 mld di euro in passaggio generazionale
Guardando all’Italia, il modello della consulenza finanziaria è ancora fortemente orientato sulle soluzioni attive, con i fondi attivi che rappresentano il 26,7% degli asset gestiti e una scarsa diffusione diretta degli ETF (1,7%), soluzioni invece ampiamente presenti nelle polizze unit-linked e nelle gestioni patrimoniali.
“Nei prossimi 30 anni si prevede in Italia un ricambio generazionale della ricchezza, con il trasferimento di 3.800 miliardi di euro alle generazioni successive. Per i consulenti italiani diventa quindi fondamentale ampliare il dialogo con il nucleo familiare dei clienti, offrendo una consulenza che vada oltre la tradizionale gestione di portafoglio e che sia più orientata all’offerta di una gamma più ampia di servizi personalizzati. L’adozione su larga scala della consulenza a parcella e l’integrazione diretta di ETF e fondi indicizzati nei portafogli potrebbero inoltre portare a una maggiore efficienza, trasparenza e convenienza per gli investitori italiani”, conclude Simone Rosti, responsabile per l’Italia e Sud Europa di Vanguard.