Per il coronavirus l’immunità di gregge non serve. Ne è convinto il noto virologo Roberto Burioni, secondo cui non ha alcun senso parlare di immunità di gregge dal punto di vista scientifico:
“Vale quando c’è una comunità che è composta per lo più da persone immuni, impedendo la trasmissione del virus. Succede per esempio quando vacciniamo tante persone al morbillo. Solo allora le comunità diventano più resistenti. Se il 95% degli individui di una comunità è immune al morbillo, ecco che questo virus per quanto contagioso non riesce a diffondersi” ha detto in un‘intervista a Medical Facts.
L’ argomento è salito alla ribalta dopo il premier britannico Boris Johnson lo ha invocato per comunicare che il governo britannico vuole contenere la diffusione del Covid-19 attraverso l’immunità naturale che le persone acquisiranno gradualmente. La strategia ha sollevato un acceso dibattito dentro e fuori i confini del Regno Unito.
Per il coronavirus ha senso parlare di immunità di gregge?
“Prima di tutto – sottolinea Burioni – non sappiamo ancora se chi ha preso il Covid-19 ed è guarito è poi protetto da una successiva reinfezione. Magari con una sintomatologia più lieve. In questo caso potrebbe propagare il virus. E poi noi non abbiamo ancora il vaccino contro il coronavirus. I virus non si auto eliminano, il morbillo se ne è andato quando abbiamo cominciato a fare il vaccino. Quindi per immaginare un’immunità di gregge bisogna prima avere il vaccino”.
Burioni conclude spiegando che parlare di questo argomento “semplicemente non ha alcun senso. Dobbiamo stare a casa e combattere il coronavirus con le armi che abbiamo, ovvero con l’isolamento. Il contagio è nelle nostre mani”.