Editoriali

Cina: il nuovo modello economico è “digitale”

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Mentre continua ad infuriare la Guerra Commerciale con gli USA, la Cina sta cercando d’imporsi, sulla scena internazionale, anche come il nuovo leader dell’innovazione tecnologica e digitale. Eppure, non lo diremmo. Quando alle nostre latitudini si pensa alla Cina, si pensa ad una lunga serie di prodotti scadenti e di contraffazioni. C’è anche quello naturalmente e lo vediamo nelle centinaia di “Mega China” o nelle migliaia e migliaia di piccoli negozietti sparsi ormai un pò qua e là, non soltanto nelle nostre grandi città, ma anche nei piccoli centri di periferia, tuttavia c’è anche tanto d’altro. 

La Guerra dei Dazi sta diventando anche la guerra per la supremazia del 5G. Due giorni fa il WSJ titolava:  “Nella corsa per dominare il 5G, la Cina corre davanti a tutti. Si prevede che la tecnologia wireless superveloce rivoluzionerà tutto, dalla guida alla chirurgia”.

Insomma, la Cina si sta trasformando con estrema velocità e lo fa con tutte le condizioni di un Paese non ancora democratico e che per questo decide e fa. Ma, nonostante il contesto dirigista, proprio nella Terra dei Ming  in cui si tramandano tradizioni millenarie che sono sempre rimaste fedeli a se stesse, nonostante abbiano attraversato secoli e secoli di storia, ebbene, nonostante tutto, proprio lì, sta nascendo un nuovo modello economico, fondato sulla forza e sull’innovazione digitale, così come ci spiega Maurizio Pimpinella, Presidente dell’Associazione Prestatori Servizi di Pagamento – (A.P.S.P. ) esperto proprio di economia del digitale: 

“A dispetto di quello che, solo apparentemente, dovrebbe essere un modello economico di stampo antidemocratico, sono nate una serie di aziende e imprese, tra le quali spiccano Alibaba, Tencent, WeChat, Baidu, Huawei e Xiaomi, che sono state in grado di diventare in breve tempo giganti dominanti in patria (agevolati anche dal locale protezionismo) e di uscire dai confini nazionali aprendosi un’importante strada nei mercati internazionali. Questo genere di sviluppo è stato sostenuto nel tempo da alcune particolari condizioni culturali, economiche, sociali e da una visione imprenditoriale di ampio respiro ma anche da un innovativo approccio educativo che ha permesso la preparazione alle sfide del futuro di un gran numero di giovani studenti affamati di conoscenza e innovazione”. 

Pimpinella, che è stato da poco nominato membro del Comitato Scientifico per l’evento “The Economy of Francesco” che si terrà ad Assisi il prossimo anno, ci racconta che se non cambiamo in fretta la nostra visione della Cina e del suo popolo ne subiremo ancora di più le conseguenze. 

”Il commercio tecnologico è diventato uno dei principali motori di sviluppo per l’economia digitale cinese che ha prontamente colto le occasioni che si sono presentate. In breve tempo, infatti, l’e-commerce è cresciuto a livelli esponenziali, aprendosi progressivamente anche all’estero, tanto che tra le 46 nuove specializzazioni delle scuole professionali secondarie cinesi compare anche il corso in “commercio elettronico transfrontaliero”. Questa materia a noi potrebbe sembrare stravagante ma abbraccia un contesto vario, ampio ed in crescita e testimonia una visione di medio periodo consapevole e aperta. In Cina, infatti, a seguito degli importanti sviluppi industriali, tecnologici e strategici, di cui è espressione anche la Belt & Road Initiative, è crescente la richiesta di professionisti in questo così come in tutti i settori afferenti all’economia digitale, innescando un circuito in cui gli investimenti innovativi hanno creato la domanda di professionisti che, a loro volta, creano innovazione per un’ulteriore crescita e sviluppo del settore e dei posti di lavoro”. 

La scuola che per anni ha rappresentato il punto di forza del nostro Paese diventa il fulcro dello sviluppo anche in Cina: 

“La scuola cinese– sottolinea Pimpinella- ha realizzato accordi, assimilabili alla nostra alternanza scuola lavoro, secondo i quali gli studenti apprenderanno sul campo ciò che viene loro insegnato a scuola.
Iniziative come queste hanno portato la Cina ad essere uno dei paesi mediamente più digitalizzati al mondo, pur in presenza di alcune resistenze politiche e di una componente tradizionale nella cultura ancora molto forti. 

Sembrerà un assurdo ma anche da noi le resistenze culturali sono ancora molto forti, forse lo sono più che in Cina e riescono a frenare noi italiani che siamo ancora relegati agli ultimi posti nelle classifiche sulla digitalizzazione così com’evidenziato dall’indice DESI. Questa situazione è diretta conseguenza delle limitate competenze digitali della nostra popolazione”. 

Secondo l’indagine OCSE “Skills Outlook” del 2019, infatti, solo il 21% degli italiani tra i 16 e i 65 anni possiede un buon livello di alfabetizzazione e capacità di calcolo. Siamo di fronte a dati inequivocabili e che inevitabilmente ci condizionano. Insomma, va bene digitalizzare l’Italia, ma dobbiamo assolutamente digitalizzare anche gli italiani. 

“Per raggiungere questo scopo- replica Pimpinella- l’unica via è quella del varo di programmi educativi dedicati all’alfabetizzazione digitale e finanziaria ai quali possano collaborare enti pubblici, imprese e il mondo delle associazioni. Noi con A.P.S.P. abbiamo messo in piedi il progetto “Stay digital Pay digital” destinato a studenti delle scuole superiori, delle università e esponenti delle start-up innovative”. 

Il futuro, insomma, passa per l’innovazione digitale, per la quale dobbiamo essere pronti. Ottobre sarà il mese dell’Educazione Finanziaria, e se a quella aggiungessimo anche l’Educazione Digitale con cui va perfettamente a braccetto?

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