Economia

Banche: Italia sul podio Ue per riduzione organico, -64 mila posti in dieci anni

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Dal 2008, anno del fallimento di Lehman Brothers, al 2018, le banche italiane hanno ridotto l’organico di circa 63.979 dipendenti (-18,9%).  È quanto calcola R&S Mediobanca nel suo studio sulle banche internazionali che piazza l’Italia al terzo posto in Europa, dopo Germania e Spagna, per riduzioni di organico. Questo, nonostante il costo del lavoro per dipendente delle due più grandi banche italiane, Intesa Sanpaolo e UniCredit, sia in media di 69.000 euro nel 2018 contro gli 84.000 euro della media europea.

Tra le big italiane, chi ha quasi dimezzato i suoi dipendenti è stata Unicredit, passando dai 176mila circa del 2008 ai 96.348 di fine 2018. Ovviamente non a perimetro omogeneo, ma a seguito di numerose cessioni. Nei dieci anni, Intesa Sp ha diminuito i dipendenti del 15%, Monte dei Paschi di quasi il 30%.

Al primo posto per ridimensionamento dell’organico, spicca la Germania che, in dieci anni, ha bruciato 120.615 posti (-17,6%), seguita dalla Spagna (-97.442, -35,2%). La media dei 27 paesi dell’Unione Europea (senza la Gran Bretagna) vede un calo di 470.001 dipendenti (-17%), secondo lo studio. Il dato europeo, si fa notare nello studio, è influenzato dall’elevato costo del lavoro delle due banche svizzere del campione, Ubs e Credit Suisse, e di Deutsche Bank per le quali l’attività di investment banking pesa molto sul totale.

Il decennio 2008-2018 evidenzia anche la forte tendenza alla riduzione del numero di sportelli (-27,7%). L’Italia li ha ridotti del -25,5%, di poco sotto la media europea. La Francia solo del 7,5%.

Spostando la lente su Banca d’Italia, quest’ultima, sempre secondo Mediobanca, avrebbe una plusvalenza non realizzata sulle riserve auree di 68,9 miliardi di euro. Nei forzieri di palazzo Koch ci sarebbe la quarta riserva d’oro mondiale con 2.452 tonnellate dopo la Fed (8.133 tonnellate), la Bundesbank (3.370) e il Fondo Monetario Internazionale (2.814). Poco sotto Bankitalia, la Banque de France con 2.436 tonnellate e una plusvalenza non realizzata di 68,4 miliardi.