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ASIA: I GURU DICONO LA LORO

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La rivista americana Barron’s ha intervistato tre analisti del mercato asiatico – William Kennedy, a capo di Fidelity Pacific Basin e Fidelity Advisor Japan; Han Ong, strategist di Salomon Smith Barney e Simon Rudolph, gestore di portafoglio per Templeton Investments Asia, una divisione di Franklin Resources – per avere la loro visione sulla situazione della regione ad esclusione del Giappone. Nella puntata di domani, i titoli preferiti dai money manager.

Barron’s : I mercati asiatici sono in aumento dai minimi di settembre. Siete convinti che l’Asia si trovi in una fase ribassista?

Rudolph: C’e’ ancora molta strada da fare nell’area asiatica – che esclude il Giappone. La liquidita’, nell’attuale clima di bassi tassi d’interesse, e’ molto favorevole ai mercati azionari. Noi scegliamo titoli convenienti che dovrebbero crescere, ma a differenza del terzo trimestre, ora non ce ne sono molti.

Ong: Incredibilmente tutti i mercati hanno cambiato direzione il 21 settembre. La spinta che ha mosso i mercati ha creato i migliori risultati nei mercati emergenti. La liquidita’ ha pero’ iniziato a rallentare, i mercati principali si sono fermati e il Nasdaq ha cambiato direzione.

L’Asia ha una dinamica diversa. L’area settentrionale ha smesso di guidare la ripresa a favore della zona meridionale. A livello settoriale il mercato si e’ allargato. Penso che il flusso di investimenti continuera’ a sostenere la spinta, in quanto a livello globale si pensa che l’Asia sia il luogo migliore dove investire. Potremmo pero’ assistere a una correzione.

Barron’s: Che prospettive ci sono per utili e valutazioni?

Ong: Abbiamo avuto due bolle nella storia asiatica durante gli ultimi 10 anni. All’inizio degli anni ’90 i mercati erano impazziti; dopo la crisi del ’97-’98 la pressione risultata dal crollo di Long Term Capital Management ha fatto scoppiare la bolla e poi il baco del millennio ci ha portato a una nuova bolla.

In Asia abbiamo avuto una spinta del mercato guidata dalle telecomunicazioni e dai titoli sensibili ai tassi d’interesse, ma la crescita e’ meno imminente di quanto si creda. Nei prossimi tre, sei mesi abbiamo bisogno dell’aumento degli utili e penso che cio’ non si stia verificando. Non possiamo crescere a meno che gli USA crescano, perche’ vogliamo vendere all’America e non abbiamo ristrutturato abbastanza.

Kennedy: In Asia si trovano societa’ convenienti relativamente alle loro valutazioni storiche e ad altre parti del mondo. C’e’ un premio sull’Asia, trattandosi di un mercato volatile.

Quasi il 50% delle societa’ asiatiche rendono piu’ del tasso di risparmio locale. Una societa’ tecnologica a Taiwan o a Singapore o in Corea tende a essere piu’ conveniente delle concorrenti in altre parti del mondo. Dato il basso costo di base e l’outsourcing che predomina, crescono piu’ velocemente e rendono di piu’.

I mercati sono stati spinti dalla liquidita’, ma abbiamo notato una stabilizzazione degli utili. A Hong Kong si guadagna mezzo punto percentuale in meno sui depositi bancari. Parte di questo ha iniziato a farsi strada nel mercato azionario. E in Corea, dove i tassi d’interesse sono molto bassi, e’ lo stesso. Quindi si potrebbe avere un calo, ma l’Asia, relativamente alla concorrenza globale e’ ancora piuttosto conveniente.

Barron’s: Il destino della zona asiatica dipende completamente dalla ripresa USA?

Rudolph: No. In Corea la domanda e’ aumentata. In India le esportazioni e le importazioni relative al PIL sono molto basse. A Taiwan il mercato e’ per circa il 60% legato alla tecnologia. Non si puo’ generalizzare. Se non si verifichera’ una ripresa negli USA, pero’, ci sara’ una grossa nube sopra l’Asia.

Ong: Abbiamo un’economia globale cosi’ deviata che per gli ultimi 10-15 anni abbiamo dovuto aspettare che gli USA crescessero per poter registrare un incremento a nostra volta.

A parte la Cina e l’India, l’Asia e’ in equilibrio solo quando l’economia globale pende verso l’eccessiva domanda. Dobbiamo vendere in quell’eccesso di domanda per rimanere stabili.

Cosa sta cambiando? L’Asia si sta ristrutturando. Stiamo creando economie piu’ equilibrate. La Corea, persino in questo calo, e’ stata in grado di vivere con la domanda interna. Ci sono segnali iniziali di questo anche in Malesia e in Tailandia.

Kennedy: L’India e la Cina tendono a essere spinte piu’ dalla domanda interna. Paesi quali la Corea e Taiwan con un rapporto esportazioni-Pil piu’ alto saranno alla merce’ degli Stati Uniti.

Se gli USA tornano in recessione – anche se abbiamo visto recentemente dati positivi riguardo il PIL – causeranno problemi al boom dei consumi coreano. Cosi’ tanta occupazione e’ impiegata nell’esportazione.

Hong Kong e Singapore saranno alla merce’ degli USA. In particolare Singapore, dove i dati dell’anno scorso sono stati devastanti. Ora sembra che la domanda stia riprendendo, l’utilizzazione dei cargo aumentando e l’esportazione rinvigorendo. Questo dovrebbe aiutare alcuni dei Paesi minori.

Barron’s: Cosa pensate della ripresa USA?

Ong: Riteniamo che gli USA cresceranno dell’1,8% quest’anno e che questo trimestre registreranno una forte spinta poiche’ la correzione delle scorte del quarto trimestre ha cambiato direzione e i consumatori sono tornati nel terzo e quarto trimestre.

Tutti hanno dato per scontato una ripresa nella seconda meta’ dell’anno. La questione non e’ se gli USA usciranno dalla recessione, ma se la ripresa degli utili arrivera’ prima e piu’ forte di quanto previsto dal mercato.

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