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Cassazione: non è punibile chi ruba per fame

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ROMA (WSI) – Rubare cibo in un supermercato non è reato se si è affamati e non si ha una casa. A stabilirlo la Corte di Cassazione che ha giudicato legittimo non punire per furto un giovane clochard, Roman Ostriakov, che aveva sottratto in un supermercato di Genova wurstel e formaggio dal valore di 4 euro.

Un fatto di cui si è interessato anche il New York Times. Il cloachard alla cassa del supermercato aveva pagato solo una confezione di grissini e non i wurstel e le due porzioni di formaggio che si era messo in tasca. Dopo essere stato condannato a febbraio 2015 a sei mesi di carcere e una multa da 100 euro, a fare ricorso in Cassazione non è stato il giovane senza fissa dimora bensì il procuratore generale della Corte d’Appello di Genova che ha chiesto agli Ermellini che l’imputato fosse condannato non per furto lieve ma tentato furto. Roman infatti era stato bloccato prima di uscire dal supermercato dalla vigilanza, allertata da un cliente.

“La condizione dell’imputato e le circostanze in cui è avvenuto l’impossessamento della merce dimostrano che egli si impossessò di quel poco cibo per far fronte ad una immediata e imprescindibile esigenza di alimentarsi, agendo quindi in stato di necessità e quindi il furto non costituisce un crimine”.

Così hanno deciso i giudici supremi con la sentenza numero 18248 della Quinta sezione penale. Ma non tutti sono d’accordo. Valeria Fazio, il procuratore presso il tribunale di Genova dove si è svolto il processo, ha detto in un’intervista telefonica che il suo ufficio aveva inteso che il signor Ostriakov aveva rubato solo per necessità e si era appellato nella speranza che il giudice potesse impostare una sentenza più clemente. Ma la corte è andata ben oltre e ha deciso che “non deve essere punito a tutti i costi”.

Maurizio Bellacosa, docente di diritto penale presso l’Università Luiss, che ha spesso sostenuto cause dinanzi alla Corte di Cassazione, ha affermato che raramente nei casi di furto si applica la scriminante dello stato di necessità.

“Quando lo si fa è in genere in casi simili a quello di un naufrago che combatte con un altro naufrago per l’ultima zattera e deve salvare la sua vita. Nell’esaminare i furti di povera gente di solito la Corte classifica questi casi come reati minori, ma i crimini, come la povertà è considerata evitabile attraverso il sistema di sostegno sociale (…) In ogni caso la decisione nel caso Ostriakov è un nuovo principio, e potrebbe portare a una più frequente applicazione dello stato di necessità legata a situazioni di povertà.”

Una sentenza che fa comunque discutere anche al di là dell’oceano. Il New York Times riporta vari commenti di illustri giornalisti al caso di Roman. Come quello di Massimo Gramellini che dalle pagine de La Stampa ha scritto:

“Per i giudici supremi il diritto alla sopravvivenza ha prevalso sul diritto alla proprietà. In America sarebbe una bestemmia. E anche qui, alcuni benpensanti parleranno di una legittimazione di esproprio proletario. Nel 1970, quando l’Italia è stata scossa da gruppi di sinistra violenti come le Brigate Rosse, i giovani radicalizzati hanno saccheggiato supermercati impunemente in nome della classe operaia, ma hanno rubato caviale e champagne. Ora la gente non ruba per perseguire un ideale, ma per riempirsi lo stomaco”.

Goffredo Buccini dalle pagine del Corriere della Sera ha paragonato l’attuale situazione al periodo subito dopo la seconda guerra mondiale, quando l’economia italiana era in rovina.

“La legge non è altro che il contenitore in cui prende forma il nostro vivere insieme. Era impensabile che la giurisprudenza non prendesse in considerazione la realtà”.

Realtà che viene confermata anche dai dati di Confcommercio che mettono in luce l’aumento degli ultimi anni dei furti per fame. A favore della decisione della Cassazione è Gherardo Colombo, ex membro della stessa Corte Suprema.

 

“In base alla Costituzione italiana e alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, ognuno ha il diritto legale di dignità (…) Se non si può mangiare, perché non si hanno soldi, la legge penale italiana giustifica questo furto. L’importante è che non si tratti di un furto violento. Sarebbe stato diverso se avesse commesso una rapina altrimenti loro (ndr: I giudici della Corte) non lo avrebbe assolto”.