Stop alle retrocessioni ai consulenti finanziari: come la vedo io

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di Maria Anna Pinturo, consulente finanziaria

Le parole che (mi) colpiscono in merito alla famigerata questione di cui si dibatte molto nei nostri ambienti sono 3: stop, divieto, strategia.

Si legge infatti: stop alle retrocessioni di commissioni ai consulenti finanziari. E si legge anche che è allo studio in Commissione Europea un ipotetico divieto a continuare come si faceva sino ad oggi in Italia e quasi in tutti i paesi Ue (non più in Olanda e nel Regno Unito). Infine, tutto ciò sarebbe a tema nella cosiddetta Strategia Europea sugli Investimenti (semplificando al massimo).

Bene. Detto quanto colpisce me, commento con un bel: manca il punto.

Manca cioè il sottostante – per utilizzare un linguaggio caro a noi, intendo le prossime eventuali vittime del sistema – ovvero il tema della consulenza, di cosa dovrebbe richiedere, ovunque, la consulenza; di cosa, a oggi, è solo una opzione a scelta, a seconda che si scelga o meno di urtare la sensibilità del cliente.

Il punto non sono gli attributi che nel dibattito si assegnano alla conseguenza, cioè meno soldi per i consulenti finanziari. Attributi come “è inutile”, o al contrario “è giusto”, quasi dovessimo scegliere i gusti del gelato o le sfumature del sentimento personale. Perché chi si dice d’accordo è solo perché si sente più avanti, e chi invece dice che è ingiusto è perché di fatto, finora non ha affrontato il discorso più necessario con il proprio cliente: quello sulla “sua” consulenza e su quanto possa essere importante.

Il punto fondamentale che sta dietro il dibattito è proprio qui. Il discorso sulla consulenza e il modello di consulenza.

Retrocessioni e modello di consulenza

Se ci pensiamo, noi consulenti abbiamo cambiato nome, passando dalla denominazione di promotori alla più elevata e professionale etichetta di consulenti. Cambiato il colore dell’abito, la stoffa, il modello l’abbiamo cambiato? Siamo diventati davvero professionisti? Per capirci meglio: esiste un avvocato che non chieda, o meglio che non prezzi il costo del suo lavoro “prima“ di mettercisi?

Ma andiamo su un livello più basso e opposto. Mai andati da un parrucchiere che non esponesse le sue tariffe?

Il divieto alle retrocessioni spaventa molto tutti, ma spaventa ancora di più chi non si è fatto apprezzare per il suo lavoro e per il prezzo di questo, e quindi dipende totalmente dalle retrocessioni. C’è chi ci sta lavorando da tempo con i clienti, e chi no. Il punto è che noi, io per prima, siamo ancora in progress, come si suol dire. Ossia, se lavoriamo in una rete dove esiste un modello di consulenza, e anche un contratto di consulenza, in qualche modo ne abbiamo parlato con una parte di clienti, e con altri siamo avanti perché ci hanno riconosciuto il lavoro, quindi sanno che il costo del nostro tempo e del nostro stress.

Ma se neppure lavoriamo in una rete dove la consulenza sia effettivamente un discorso da affrontare con il cliente, lì si che il possibile divieto, se mai dovesse arrivare, rappresenterà una svolta, o meglio una capriola a testa in giù.

Perché mi colpisce che si parli di strategia in Europa? Perché la strategia non sta sul divieto. Dovrebbe rinominarsi regolamento, punto e basta. La strategia è totalmente, è da tempo (MIFID 2?) nel discorso da fare sulla consulenza.

Ma questo porta a un’ulteriore e finale considerazione. È un po’ come accade quando si deve decidere se fare il consulente finanziario autonomo o rimanere dipendente. Chi sono i tuoi clienti? Ti devi fare questa domanda, e chi tergiversa e non lascia il contratto da dipendente è perché in fondo non sa veramente chi siano i suoi clienti, perché teme che uscendo dal “contesto banca” ed entrando in quello della libera professione ci possa essere una perdita secca, passatemi l’espressione, in termini di clienti e quindi di guadagno.

Più o meno sullo stesso piano sta la questione sul piatto delle retrocessioni. È chiaro che nessuno che faccia il mio lavoro si sente al riparo dalle conseguenze in termini di perdita di guadagno. Tuttavia forse ci si può “rifare“ quella stessa domanda fatta in quel fatidico momento della decisione se passare alla libera professione del consulente finanziario. Chi sono i miei clienti? E da qui, se non lo ha fatto prima, iniziare a rispondere, proprio sulla base del discorso sulla consulenza, distinguendo nettamente tra i clienti che lo hanno già riconosciuto nel suo faticosissimo lavoro e quelli che ancora lo vedono come il venditore più o meno utile, o il professionista necessario per aderire a sconti o promozioni.

Ci saranno sempre i clienti del secondo tipo, mai o difficilmente disposti a trovare in noi il valore della consulenza, ma a volte si può rimanere stupiti dal contrario. Come mi è capitato recentemente con un cliente che mi aveva contestato, l’anno scorso (il terribile anno scorso) il costo del servizio di consulenza e che quest’anno, liberamente e senza che me lo aspettassi mi ha detto: “Guardi Pinturo che io non voglio che lei lavori gratis, è gusto che io paghi il suo servizio, quindi possiamo riparlarne”. Non me lo avrebbe mai detto se non avessi, io per prima, fatto a lui il discorso della consulenza sei anni fa e da allora non avessi iniziato a “prezzarlo” e farglielo apprezzare.