Sei un dirigente ministeriale? Ecco come dovresti agire per tutelare il tuo patrimonio

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di Angelo Danilo Nobile, group manager

È probabile che nel corso della sua vita professionale un lavoratore arrivi al punto in cui inizia ad avvertire la necessità di proteggere il proprio patrimonio da eventi imprevisti. Il modo migliore per farlo? Usufruendo degli strumenti finanziari migliori per lui e della guida di un professionista in grado di predisporre un family planning in grado di soddisfare bisogni e aspettative.

Tante motivazioni, un unico piano d’azione

Alla base della scelta di farsi supportare dalla figura di un professionista dell’ambito finanziario possono esserci diverse ragioni. Che si tratti dell’esigenza di assegnazione dei propri beni alla protezione del patrimonio dagli imprevisti, dal sostegno del futuro dei propri figli all’organizzazione della vita in terza età, la scelta più corretta è sempre una: agire con consapevolezza trovando – grazie al consiglio di chi ha a cuore i nostri progetti – gli strumenti giusti.

Nell’attuale contesto socio economico è poi evidente come il bisogno di gestire l’incertezza attraverso il risparmio sia una necessità trasversale, che tocca diverse fasce della popolazione. Per questo motivo l’accumulo resta una priorità, ed è importante che venga affrontato nella maniera migliore possibile.

La protezione patrimoniale riguarda anche la professione

Spesso non ci si pensa, ma gli imprevisti per cui potrebbe rivelarsi utile la protezione patrimoniale possono anche essere di natura professionale. Con nessun lavoratore escluso, visto che non esistono categorie immuni a rischi potenziali.

I rischi in cui può correre il dipendente pubblico

Tutti noi siamo responsabili della nostra condotta, qualunque sia la professione che ricopriamo, ma il rapporto di impiego – specialmente quello con una Pubblica Amministrazione – potrebbe essere fonte di ulteriori forme di responsabilità. Le più probabili?

  • la responsabilità civile, nel momento in cui si arreca danni a terzi, interni o esterni all’amministrazione, o all’amministrazione stessa;
  • la responsabilità penale, se si è protagonisti di fatti che la legge considera come reato (es. concussione, corruzione, peculato);
  • la responsabilità amministrativo-contabile, se le nostre azioni arrecano all’amministrazione un danno erariale;
  • la responsabilità disciplinare, nel momento in cui si violano gli obblighi previsti dal contratto collettivo nazionale di lavoro, dalla legge, dal codice di comportamento.

Per i dirigenti il rischio è ancora maggiore

Per i dirigenti la questione si fa ancora più seria, visto che oltre alle classiche forme, il d.lgs. 165/2001 ha riconosciuto per i dirigenti l’imputabilità della responsabilità dirigenziale, come particolare tipo di responsabilità aggiuntiva individuale imputabile solo ai soggetti titolari di funzioni dirigenziali e riferibile al complesso di attività di gestione e di organizzazione.

La responsabilità dirigenziale – che è stata disciplinata per la prima volta nell’art. 19 del d.P.R. 748/1972 – ha trovato un riconoscimento nel d.lgs 29/1993 e infine nell’art. 21 del d.lgs. 165/2001, ovvero il Testo Unico del pubblico Impiego.

Quello della responsabilità dirigenziale è un meccanismo che nasce con lo scopo rispondere a un’esigenza di controllo nei confronti dei dirigenti che, nell’ambito della distinzione delle competenze, divengono titolari di un ampio e autonomo potere di gestione.

È evidente che errori nello svolgimento dell’attività potrebbero avere, in questo contesto, una rilevanza patrimoniale potenzialmente insostenibile, laddove le forme di tutela a cui ci si affida (solitamente polizze RC professionali) non riescano a coprire il danno quando questo supera il massimale.

Il modo migliore di tutelarsi

«Che cosa succede se io mi sento tranquillo poiché ho sottoscritto la mia bella polizza Rc, coprendo un rischio massimo di 5.000.000€, ma il danno provocato è di 7.000.000€?»

Potenzialmente è un problema serio. Per questo risulta fondamentale agire in via precauzionale, e creare una separazione netta tra patrimonio a rischio professionale e patrimonio destinato alla famiglia. L’obiettivo? Ridurne al massimo la vulnerabilità.

La mia esperienza con i dirigenti ministeriali

Fra i miei assistiti ho diversi clienti dirigenti ministeriali, e la cosa mi fa molto piacere, perché li reputo dei professionisti pieni di energia ed iniziativa. E non solo: di loro apprezzo soprattutto la competenza e la professionalità, che è ciò che oggi permette al nostro Paese di non affondare. Per questo motivo sono orgoglioso di poter essere il loro consulente finanziario di fiducia, e affiancarli in questo percorso così importante.

La storia di Paolo

Oggi voglio però raccontarvi quello che è l’esempio di uno dei miei nuovi clienti che ricoprono questo ruolo. Paolo, 59 anni, dirigente di primo livello del Mef, con incarichi accessori presso altri enti.

Convivente con Allegra, 51 anni, separata ma non divorziata, dipendente di uno studio medico. A completare la composizione del nucleo famigliare sono i due figli: Davide, 21 anni e studente universitario alla Luiss e Carla, 25 anni, appena laureata in Giurisprudenza e già inserita in studio legale.

Paolo possiede a Roma una casa di proprietà dal valore commerciale di 750.000€, e poi una casa al mare a Sabaudia, dal valore di 250.000€.

Il patrimonio mobiliare è poi di 900.000€, distribuito casualmente tra fondi e titoli proposti di volta in volta dal consulente della banca presso la quale Paolo era cliente.

Le problematiche più evidenti? In primo luogo la mancata autosufficienza reddituale dei figli e della compagna, la mancata separazione patrimoniale e infine la non esistenza di una tutela valida in grado di proteggere il patrimonio di famiglia da aggressioni esterne.

La domanda che dobbiamo porci è una: cosa faccio per proteggere me e i miei cari?

Tenendo ben presente questa domanda abbiamo agito come segue, partendo dall’immobile di residenza familiare.

  • Si è effettuata la donazione dell’immobile con diritto di abitazione (non aggredibile) a Paolo, con usufrutto ad Allegra e nuda proprietà ai due figli Davide e Carla. Questo ha permesso di abbattere il carico fiscale successorio, avendo cura di inserire la c.d. riserva di disporre all’interno della donazione (perché non si sa mai!).
  • Per quanto riguarda il patrimonio mobiliare, invece, si sono sottoscritte delle forme assicurative delle quali sono beneficiari i due figli ed Allegra. Essendo in bonis non ci sono pendenze e quindi il valore segregativo, in questo caso, è massimo per gli strumenti assicurativi. Si è poi proceduto con la stipula di una polizza vita con gestione separata, per garantire una remunerazione certa e garantita alla cassaforte familiare, e poi di una polizza “di investimento” per ricercare la remunerazione nel medio termine. Si è sottoscritto infine un fondo pensione aperto (lo strumento per eccellenza meno attaccabile tra gli strumenti finanziari) a nome di Paolo, con rendita reversibile a favore di Allegra.

Quella che è stata fatta con Paolo, quindi, si è rivelata un’operazione semplice (anche se articolata), che ha stravolto le prospettive della famiglia ed è a oggi in grado di garantire loro una maggiore serenità.

Un modello facilmente replicabile, che può essere adattato alle situazioni personali di ognuno con un unico scopo: tutelare al massimo la vita, e la professione, di ogni mio assistito.