Liquidità: se investita potrebbe tornare potenzialmente a rendere

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Articolo di Andrea Preti, consulente finanziario e patrimoniale di Alessandria

L’educazione finanziaria non consiste tanto nell’acquisizione di nozioni specifiche, quanto nel saper gestire le emozioni. “Il peggior nemico del risparmiatore è lui stesso”, diceva il grande economista Benjamin Graham: e conoscere il funzionamento della mente umana è fondamentale per il consulente, nell’ottica di assistere al meglio il cliente nelle decisioni relative agli investimenti.

In molti casi pregiudizi e false convinzioni condizionano l’approccio dei risparmiatori. Ad esempio, pochissime persone sono consapevoli del fatto che il dolore per una perdita è molto maggiore della gioia per un guadagno della stessa entità. Ancora, gli investitori si accorgono subito di una minima flessione sui mercati azionari, mentre ignorano sostanzialmente altri eventi come la contrazione del valore degli immobili nel tempo. Si tende spesso a ragionare per luoghi comuni: l’immobile è associato al concetto di solidità, mentre gli investimenti azionari sono considerati sinonimo di rischio, nonostante l’andamento dei mercati in tempi recenti abbia raccontato una storia diversa.

L’indice delle Borse mondiali è infatti cresciuto del 230% negli ultimi 10 anni, mentre i rendimenti obbligazionari sono calati di continuo fino ai valori attuali, vicini allo zero. Nonostante questo, i depositi degli italiani sui conti correnti sono arrivati a superare i 1756 miliardi di euro. Una montagna di denaro che non frutta assolutamente niente, in un momento storico in cui invece è importantissimo che ognuno si crei un solido futuro finanziario, vista la crisi del welfare pubblico, dalla sanità alla previdenza.

 

 

Come mai gli italiani non investono e lasciano fermi i soldi sul conto corrente?

La risposta più comune è: perché non si sa mai, soprattutto in tempi di incertezza. La prudenza è certamente lecita, ma a essere irrazionale è la quantità di questa liquidità non investita, in molti casi eccessiva rispetto alle possibili necessità del risparmiatore.

In questi casi una corretta pianificazione finanziaria che tenga conto dei bisogni reali del cliente permetterebbe di evitare l’eccesso di prudenza, lasciando solo il necessario su strumenti infruttiferi ed evitando costi importanti. Inoltre, la paura per l’incertezza del futuro si può affrontare anche attraverso la sottoscrizione di coperture assicurative, efficaci e molto meno costose rispetto a tenere la liquidità ferma sul conto corrente.

Non investire ha infatti un costo, perché i prezzi nel corso del tempo inevitabilmente aumentano. Se non riusciamo a far crescere il nostro capitale a un tasso almeno corrispondente a quello dell’inflazione diventiamo più poveri perché perdiamo potere d’acquisto. Paradossalmente, però, questo è un altro aspetto di cui molte persone sembrano non preoccuparsi, ragionando di rendimenti nominali più che di rendimenti reali: mi capita spesso di incontrare persone soddisfatte di ritorni ampiamente inferiori al tasso di inflazione, che viene del tutto ignorato.

Non solo: anche chi investe il proprio denaro per un obiettivo più a lungo termine, come la pensione o l’istruzione dei figli, è spesso portato a cambiare rotta alla prima difficoltà. Questo perché spesso gli investitori mancano di capacità di programmare nel tempo, di conoscenza finanziaria ma soprattutto comportamentale, e talvolta ripongono troppa fiducia nelle loro convinzioni, cercando conferme nelle notizie che avallano le loro certezze e tralasciando quelle che le potrebbero mettere in discussione.

Possiamo quindi affermare che il risultato finanziario dipende più dai nostri comportamenti che dall’andamento del mercato. Se ad esempio il mercato per un periodo subisce una correzione e scende di valore, per poi recuperare completamente, i risultati saranno molto diversi a seconda delle scelte dell’investitore: se vende per paura subirà una perdita, se non fa nulla non otterrà alcun risultato, né positivo né negativo, se compra ancora avrà invece un utile. Il mercato è sempre lo stesso, ma i risultati possono essere di segno completamente opposto.

Per queste ragioni un buon consulente finanziario deve conoscere i mercati e i prodotti per saperli utilizzare in modo opportuno, ma deve soprattutto agire sull’atteggiamento del cliente, aiutandolo ad approfondire questi ragionamenti e a prendere (e mantenere) decisioni razionali. Il professionista deve guidare l’investitore a lasciare da parte i luoghi comuni, contribuendo ad accrescere la sua capacità di dominare le emozioni: deve essere anche e soprattutto un consulente comportamentale.

 

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