La scelta vincente di investire nel Dragone

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Articolo di Alessandra Pitzalis, consulente finanziario di Cagliari

In linea con il più grande teorico politico e giurista italiano del ‘900 Gaetano Mosca, ho sempre sostenuto l’esistenza della correlazione positiva tra floridezza economica di un paese e dottrine democratiche, soprattutto liberali. Il ricordo del recente passato e di quanto le forme autocratiche e totalitarie di Mussolini, Hitler, fino al comunismo di Stalin al quale si ispirò la Cina del secolo breve, abbiano distrutto con guerre espansionistiche le loro economie con un’oppressiva e deleteria ingerenza dello stato sulla società, rafforza tale convinzione.

Invece, osservando l’evoluzione della Cina contemporanea, ravviso un fondamento di verità, anche nel parere contrario di Robert Michels, sociologo e politologo tedesco, il quale, disapprovando i regimi totalitari o assolutistici, sosteneva:

“la storia c’insegna che la floridezza economica può anche verificarsi in stati o ambienti retti da sistemi che non siano quelli liberali”.

La Cina nel 2000 aveva un PIL che pesava appena il 3,5% della ricchezza mondiale, oggi pesa il 20%.  Pur mantenendo un sistema politico al limite con lo stato totalitario, negli ultimi 15 anni, con un significativo ritmo di crescita economica, grazie ad un sistema commerciale basato su accordi internazionali tipico di un sistema democratico e liberale – USA docet – è riuscita a rafforzare la propria presenza su scala globale, seppur con evidenti disuguaglianze e passare dalla categoria paese emergente per entrare a pieno titolo tra i paesi industrializzati, fino a diventare la seconda potenza mondiale e il secondo maggiore mercato azionario al mondo.

 

Il 2020 per la Cina segna un cambio di passo determinante

Nonostante la pandemia, il PIL rimane positivo del 2% contro il -5% /-10% di tutti gli altri paesi sviluppati. Gli analisti del CEBR di Londra (Centre for Economics and Business Research), stimano che il Pil Cinese nel 2028 sorpasserà il PIL USA. Considerarla in misura marginale all’interno del proprio portafoglio significa rimanere fuori da una parte significativa della crescita mondiale.

 

Vediamo 4 motivi principali:

  • Da maggio 2018 Morgan Stanley, uno dei più importanti fornitori di servizi finanziari del mondo, ha incluso ufficialmente le azioni cinesi di classe A e nei suoi indici. Si tratta di azioni di società con sede nella Cina continentale, quotate in Yuan e scambiate nelle Borse di Shanghai e Shenzhen. E richiamerà un flusso sempre più importante di investitori. I mercati finanziari cinesi sono aperti agli investitori esteri e nel 2025 i titoli cinesi rappresenteranno circa il 50% dell’indice MSCI Emerging Markets;
  • L’Europa e l’America negli anni 50, devono il loro sviluppo e la crescita straordinaria alla classe media. Si stima che entro il 2030 i 2/3 della classe media globale, circa 3 miliardi di persone, sarà in Asia;
  • Siamo in momento epocale e davanti ad un cambio di paradigma, la vecchia Cina basava la sua crescita economica sull’esportazioni in tutto il mondo a basso costo e basso prezzo. La nuova Cina attraverso il maggiore sviluppo del terziario e il manifatturiero, rispetto all’export, intende basare 1/3 della sua economia sui consumi interni, come l’America. Il suo obiettivo è l’autonomia economica. Sappiamo quanto sia un grande importatore di petrolio e di microprocessori. Importa 200 miliari di dollari di valore di microprocessori, da Taiwan e dall’America soprattutto. La guerra tecnologica con l’America che di commerciale aveva ben poco, ha avuto il risultato di stimolarla a velocizzare la produzione interna di microprocessori. Consuma circa 15% di petrolio del mercato mondiale, infatti intende eliminare le emissioni di CO2 entro il 2060. Teniamo presente che la quota di mercato più importante nell’eolico è cinese. Nel solare 9 pannelli su 10 sono cinesi, sono cifre impressionanti.
  • Lo scorso novembre è passato inosservato a causa delle elezioni USA, il RCEP ( Regional Comprehensive Economic Partnership) un accordo di libero scambio. Il più importante accordo commerciale al mondo rappresenta il 30% dell’economia mondiale e prevede l’eliminazione dei dazi e l’abbassamento delle tariffe, la presenza di Cina, Giappone e Corea (rivali storici), ma anche di Australia e Nuova Zelanda cambierà gli equilibri mondiali del commercio. L’accordo riguarderà 2 miliardi di consumatori, del quale l’Italia trarrà un importante beneficio dato che il nostro export totale ammonta a 43 miliardi di dollari in questi 15 Paesi. Questo patto, al quale Trump non ha aderito, ovviamente consentirà alla Cina di ottenere sempre maggiore indipendenza economica e la massimizzazione della sua quota di mercato già ampia su scala globale.

 

Oggi l’investimento in Cina è da considerarsi parte strategica di un portafoglio, non più tattica, ma rimane sempre di estrema rilevanza la valutazione del sistema politico del paese. Nonostante gli evidenti segni di occidentalizzazione rimangono la carenza di trasparenza e la mancanza del rispetto dello stato di diritto, i quali, rendono indispensabile l’utilizzo di OICR dietro consiglio di consulenti esperti.

 

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