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Allarme Italia

A seguito del balzo dell’inflazione, sui massimi degli ultimi 40 anni, e della crisi in Ucraina, l’economia italiana è destinata a rallentare nel corso del 2022. Non è allarmismo ma presa di coscienza di quello che sta accadendo.

Wall Street Italia vuole raccontarvi quello che sta succedendo alle nostre aziende e ai nostri risparmi.

Questa nuova rubrica Allarme Italia non vuole essere solo una denuncia della situazione attuale ma vuole anche fornire spunti propositivi con inchieste e interviste esclusive per superare senza incertezze il difficile momento che stiamo vivendo.

Se volete raccontarci la vostra esperienza scriveteci a redazione@wallstreetitalia.com

 

Pesa la crisi in Ucraina e il caro energia

A causa della guerra in Ucraina e del caro energia sono finite nell’occhio del ciclone soprattutto le imprese e i settori energivori come quello metallurgico, dell’auto, del legno, della ceramica, ma anche le aziende del vetro, della plastica, della chimica e dell’agroindustria.
Molte di queste aziende avevano legami diretti con il mercato russo e dell’Europa dell’Est mentre altre sono legate alle materie prime provenienti da quelle zone come il grano, i metalli, il nichel e i fertilizzanti. Stiamo parlando di un pezzo davvero importante della nostra economia e che il governo sta pensando di sostenere per evitare ripercussioni pesanti sul Pil e sull’occupazione. Infatti sono sempre di più le aziende costrette a fermare la produzione per far fronte all’aumento esponenziale dei costi.

Secondo diverse stime sono a rischio oltre  1 milione posti di lavoro in circa 184.000 imprese con almeno 3 addetti e l’incidenza è maggiore fra le piccole e medie imprese.

Per dare un’idea, solo il settore siderurgico conta 550 aziende con 42 mila addetti, l’automotive 1.500 aziende con oltre 90 mila addetti, mentre sono più di 23 mila le aziende che si occupano di legname in Italia.

A questi settori se ne potrebbero aggiungere altri. Infatti, a causa del blocco dell’export verso la Russia stanno soffrendo anche moltissime imprese dell’abbigliamento, del lusso, dei macchinari, dei mobili e delle calzature.

Per non parlare del turismo, che quest’anno con molta probabilità risentirà dell’assenza dei turisti russi. Il mercato russo, prima della crisi Covid, in Italia generava circa 2 milioni di arrivi e nel 2019 i turisti russi hanno speso più di 980 milioni in Italia, pari al 2,2% della spesa totale dei viaggiatori stranieri nel nostro Paese.

L’inflazione frena le imprese

Anche il caro inflazione pesa sulle imprese. A marzo l’inflazione in Italia è salita al 6,7%, un livello che non si registrava da luglio del 1991. Pensate che l’inflazione media nel 2021 per il nostro paese è stata del 1,9% e solo a gennaio di quest’anno è stata del 3,4%. Ora è quasi il doppio.

Che conseguenze ha questa inflazione galoppante? Quel 6,7% di inflazione in Italia significa che ogni 100.000 euro parcheggiati nei conti correnti, se ne perdono 6.700. L’inflazione sta quindi divorando i nostri risparmi e forse senza che molti di noi se ne stiano neanche rendendo conto, anche perché il cash è considerato il vero rifugio, come dimostra la logica tutta italiana dei soldi sotto il materasso.

Ma l’economia è cosa ben diversa dalle vecchie care abitudini: e l’economia ci dice che l’inflazione erode il potere di acquisto, svaluta la liquidità, affossa il valore di quegli stessi soldi che teniamo parcheggiati nei nostri conti correnti. L’inflazione, insomma, è nemica di quel cash, di quel contante. Mentre paghiamo di più per prenderci il nostro caffè quotidiano, e per fare il pieno di benzina, dobbiamo ricordarci che tutto questo significa anche che i soldi che teniamo fermi nei nostri c/c valgono di meno.

L’inflazione, in poche parole, significa che lo stesso ammontare di contante che avevamo ieri oggi vale di meno. Il fenomeno della crescita dell’inflazione che oltre ai risparmi si appresta a erodere ovviamente anche i consumi si verifica per diversi motivi, ma non sempre alla stessa velocità a cui stiamo assistendo oggi.

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