I piu’ pessimisti sono pronti a scommettere su una stretta monetaria di mezzo punto percentuale, ma nella maggioranza dei casi gli analisti sono convinti che giovedi’ prossimo il board della Banca centrale europea operera’ un aumento dei tassi pari allo 0,25%. Tra gli economisti aumenta il consenso su un’ascesa del pronti contro termine fino al 4,50% a fine anno.
Del resto i governatori parlano chiaro. A Basilea, dove i banchieri del G10 sono riuniti per l’assemblea della Bri (Banca dei regolamenti internazionali), il governatore di Bankitalia Antonio Fazio spiega che “la politica monetaria deve prevenire l’aumento dei prezzi, non lo deve correggere dopo”. Il problema generale e’ tenere a bada l’inflazione che di questi tempi dá segni di insofferenza, spinta dalla forza del dollaro sull’euro e dall’esuberanza dei prezzi petroliferi. “Una stretta rimetterebbe a posto i prezzi”, chiarisce ancora Fazio.
Il tema e’ ancora piu’ urgente di fronte alle previsioni positive di crescita mondiale e allo sviluppo inarrestabile degli Stati Uniti, per i quali si ipotizza un aumento del pil (prodotto interno lordo) compreso quest’anno fra il 4,5 e il 5%. E’ vero che qualche segnale di rallentamento comincia a fare capolino (la scorsa settimana si e’ riusciti a tirare il fiato di fronte ai dati Usa sulla disoccupazione, che e’ aumentata); ma e’ anche vero, come fa notare lo stesso Fazio, che la Federal Reserve (Banca centrale americana) sta operando sui tassi gia’ da un anno e che i primi risultati si stanno cominciando a vedere adesso.
Anche per l’Europa, dunque, la strada sembra segnata: “la politica monetaria – concordano i governatori – deve recuperare stabilita’ nel medio periodo; solo cosi’ si evitano le pressioni inflazionistiche o
deflazionistiche che comportano disoccupazione”.