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Italiani vivono più a lungo. Private Banking dovrà gestire i patrimoni di 5 generazioni

Italiani sempre più longevi. Viviamo più a lungo e meglio. Aumenta l’aspettativa di vita (circa 83 anni nel 2023) e l’aspettativa di vita a 65 anni è cresciuta fino a circa 21 anni, di cui 10 senza limitazioni. E il settore del Privare Banking è uno dei più esposti a sfide e opportunità della longevità considerando che dovrà gestire i patrimoni di 5 generazioni.

Così emerge dal report “Il Private Banking in un mondo più longevo” realizzato dall’Associazione Italiana Private Banking (AIPB) e KPMG.

Quanto a lungo viviamo oggi in Italia

Il report sottolinea come l’Italia abbia una delle popolazioni più longeve al mondo: su 59 milioni di persone a fine 2023, oltre 14 sono over 65 (24% del totale). L’aspettativa di vita è prevista passare dagli attuali 83 a 84,5 anni nel 2040 e sono due i cambiamenti che la longevità porta con sé.

Il primo è la Longevity Economy, cioè l’opportunità di soddisfare le esigenze di clienti multigenerazionali, con impatti su tutti i settori.

Il secondo  è rappresentato dal “Circolo Virtuoso”, cioè dal capitale umano costituito dai longevi, che offrono l’opportunità di beneficiare ulteriormente del contributo di un numero crescente di donne e uomini in grado di apportare conoscenze ed esperienze di grande valore per la società e l’economia, con un effetto positivo per loro stessi e per il Paese.

Le ripercussioni della longevità sul Private banking

E il settore finanziario è tra quelli più esposti a questa evoluzione. In particolare, la pianificazione patrimoniale di lungo periodo ed il supporto alla soddisfazione dei bisogni e dei progetti di vita ricopriranno un ruolo cruciale nell’evoluzione della mission del Private Banking. Un’industria che gestisce, in Italia, dice il report di AIPB, i patrimoni di quasi 700.000 famiglie e il 38% della ricchezza finanziaria investibile rendendola tra quelle più esposte ai rischi e alle opportunità derivanti dai cambiamenti demografici in atto.

Diffusa è la consapevolezza dell’importanza di pensare al futuro tra i clienti Private (81%) con bisogni e progetti di vita articolati; salute e cura (61%), mantenere il proprio stile di vita (60%), oppure cogliere nuovi progetti professionali e imprenditoriali (35%). Ma tra questi, chi si è davvero attivato e ha pensato a soluzioni per la gestione finanziaria e non di lungo periodo è solo il 20%.

Inoltre, l’età media dei clienti Private è di 60 anni: l’80% degli AuM gestiti appartengono a clienti over 55. Al contempo, i clienti Private si sentono attivi e in grado di produrre reddito fino a 69 anni, mentre si percepiscono anziani a 76 anni, con un’aspettativa di vita a 84 anni pari a 7 anni, che li porta a raggiungere i 91.

Le sfide del Private banking dinanzi alla longevità

Il Private Banking si trova così a gestire i patrimoni di cinque generazioni differenti, oltre a quelli di un elevato numero di persone senza eredi e nei prossimi anni AIPB stima un importante spostamento di ricchezza verso le generazioni più giovani, previsto in oltre 180 miliardi di euro entro il 2028 e oltre 300 miliardi entro il 2033.

L’industria deve poi affrontare un’importante criticità, legata al mancato coinvolgimento dei figli, da parte della clientela, nella gestione del patrimonio: è il 69% dei clienti attuali tra i 65-74enni a non farlo. E questa è una delle cause per cui nel momento del passaggio patrimoniale i nuovi clienti non confermano il Private Banker di famiglia (circa il 77%). Diventa sempre più rilevante per le Banche la necessità di fidelizzare quanto prima il cliente e i componenti del nucleo.

Circa la metà dei clienti Private è consapevole che per soddisfare i propri bisogni e realizzare i progetti futuri sia necessaria una consulenza finanziario-patrimoniale, ma il 35% non sembra percepire l’esistenza di un servizio simile. Lato Banker vi è una consapevolezza del settore in merito al crescente valore generato dall’ingaggio del cliente sui bisogni e l’importanza di fidelizzarlo per tempo, ma non sono ancora stati sviluppati del tutto gli strumenti e i sistemi di ascolto e vi sono, quindi, dei gap da colmare. Solo il 28% degli operatori, infatti, ha individuato e sviluppato approcci e servizi specifici per la longevità, mentre circa la metà sta progettando di farlo.

Nel rapporto tra cliente e Banker si parla ancora poco di “lungo periodo”: solo il 14% dei professionisti si sente confidente nel trattare con competenza questo tema e due su tre ritengono che potrebbero farlo meglio. I Banker chiedono di avere più strumenti per instaurare un dialogo più profondo con il cliente: in primo luogo la formazione su aspetti tecnici (46%), poi il supporto di un esperto (44%) e una piattaforma dedicata a questi temi (44%).