Private & Legal

Investire in pool con il club deal

Questa forma di investimento sta riscuotendo successo grazie a vantaggi fiscali e la possibilità di un contatto più diretto con la realtà acquisita

di Massimiliano Campei

La popolarità dei club deal, le operazioni condotte in pool da più soggetti, siano esse di maggioranza o di minoranza, continua a crescere: numerosi investitori private e family office italiani stanno optando per tale forma di investimento, spinti da diverse opportunità, tra cui la possibilità di un contatto più diretto con la realtà aziendale e il suo management (quando non anche di un coinvolgimento diretto nella gestione operativa del business), ed i vantaggi fiscali (chi intervenga, come spesso accade, attraverso una società potrà beneficiare dell’esenzione del 95% sul capital gain, grazie alla Participation exemption prevista dall’art. 87 del Tuir). Al contempo, anche il tessuto industriale del Paese ne trae vantaggio, venendo garantito un sostegno anche a realtà che, spesso per motivi dimensionali, non risulterebbero attrattive per gli operatori finanziari tradizionali.

Le modalità operative

Per queste operazioni il trend è crescita, ed è opportuno domandarsi quali siano le modalità più opportune per effettuare l’investimento. Talvolta (specialmente quando la compagine di investitori è particolarmente ristretta), vi potrà essere un intervento diretto dei soci nel capitale della società; più spesso, risulterà preferibile raggruppare gli investitori (o gruppi omogenei degli stessi) in un veicolo autonomo (tipicamente, una S.r.l.).
Questa soluzione (utile anche, ad esempio, a consentire di raggruppare più investitori minori, che singolarmente non raggiungano l’eventuale soglia minima prevista dai promotori per l’investimento) permetterà di esprimere unitariamente il voto in assemblea (evitando una sua parcellizzazione) e l’esercizio congiunto dei diritti sociali, oltre che di esercitare in maniera efficace eventuali tutele previste nell’accordo di investimento (ad esempio, diritti ad hoc di natura amministrativa, come l’espressione di uno o più membri del board, o di natura economico/patrimoniale, quali previsioni relative alla distribuzione degli utili, opzioni put/call, tag along etc.). In tali casi, l’investitore dovrà preoccuparsi di disporre (mediante previsioni statutarie o parasociali) di opportune tutele anche all’interno del veicolo, al fine di godere di adeguata informativa sull’andamento della gestione e di veder garantiti i propri diritti economici, principalmente in vista dell’exit.

 Le alternative al club deal

Un’alternativa all’utilizzo di un veicolo societario può essere data dall’utilizzo del mandato fiduciario: in tale ipotesi, gli investitori conferiranno un mandato ad una fiduciaria, che eserciterà in loro nome e per loro conto i diritti sociali (nei termini precedentemente codificati in un apposito accordo).
Questa soluzione, rispetto a quella societaria, può presentare taluni vantaggi, tra cui:

a) la riservatezza, consentendo all’investitore di non comparire nella qualità di socio di fronte ai terzi;
b) i costi (non dovendo essere costituita ed amministrata una società ad hoc, rimanendo direttamente socio – per quanto con lo schermo fiduciario – ciascun investitore);
c) la fiscalità (viene evitato un passaggio ulteriore);
d) la possibilità, nel caso di investimenti in start-up e Pmi innovative, di preservare le agevolazioni riconosciute al singolo investitore-persona fisica.

Nel caso in cui si opti per l’utilizzo della società fiduciaria, dovrà essere prestata particolare attenzione alla predisposizione tanto dell’accordo tra gli investitori, quanto del mandato fiduciario, al fine di scongiurare il rischio di revoca anticipata da parte di taluno dei fiducianti, così come di stalli nella formazione delle indicazioni da esprimere alla fiduciaria e nella relativa esecuzione. Un’ulteriore possibilità è data (previa analisi degli impatti fiscali) dall’utilizzo del trust: gli investitori lo doterebbero della provvista necessaria per effettuare l’investimento; il trustee, quindi, acquisirebbe la quota della target ed eserciterebbe i diritti sociali. Al momento dell’exit, incamererebbe il corrispettivo che verrebbe distribuito agli investitori in base alle rispettive quote di partecipazione.

L’articolo integrale è stato pubblicato sul numero di febbraio 2024 del magazine Wall Street Italia. Clicca qui per abbonarti.