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TIM RESTI ITALIANA

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Nella vicenda Telecom scende in campo anche il numero uno di Confindustria e si schiera con il già nutrito gruppo di esponenti politici e industriali che non vedono di buon’occhio il passaggio in mani straniere di Tim, l’ultimo operatore di telefonia mobile ancora a controllo italiano. Dalla Cina, dove è presente alla spedizione organizzata insieme con Abi e Ice, il presidente degli industriali, Luca Cordero di Montezemolo, non nasconde il suo pensiero sulla possibilità che il nuovo padrone di Tim sia straniero: “Spero di no”. Anche se “il mercato è sovrano” e Telecom è “una società privata che deve scegliere in autonomia come disegnare il proprio futuro”, Montezemolo dice a chiare lettere che il suo “auspicio” è quello di una Tim ancora nazionale. I

l partito dell’italianità si arricchisce quindi di nuovi iscritti. Dopo i ministri Pecoraro Scanio e Gentiloni, anche il presidente della commissione Affari Costituzionali della Camera, Luciano Violante, non ha infatti esitato a sottolineare come “non ci possa essere qualche Paese che cura in modo specifico la nazionalità dei propri asset più importanti e altri, invece, che non lo fanno”. Un partito trasversale e bipartisan, quello che punta a difendere la nazionalità del primo operatore di telefonia mobile, visto che anche l’ex ministro delle Comunicazioni Maurizio Gasparri ritiene essere “senza dubbio opportuno che Tim resti italiana”. Gasparri esclude però che fra i possibili acquirenti possa rientrare anche il leader dell’opposizione, Silvio Berlusconi: “E’ già al centro di tante pressioni per ragioni di antitrust. Comprando Tim finirebbe per addossarsi un nuovo problema”.

Ma anche dal settore bancario, uno di quelli in cui la presenza di investitori stranieri è particolarmente radicata, arrivano parole di incoraggiamento ad una possibile azione difensiva da parte del Governo. Servono, ha dichiarato il presidente dell’Abi, Corrado Faissola, “le scelte più opportune affinché le grandi imprese, di qualunque settore, rimangano ancorate al nostro Paese”.

In mezzo a questa selva di dichiarazioni fortemente improntate al tricolore, appare quasi naturale che l’Unione europea abbia voluto mettere le mani avanti e giocare d’anticipo: “Le golden share in quanto tali non hanno spazio nel mercato interno”, ha dichiarato il portavoce del commissario Ue Charlie McCreevy. Una presa di posizione decisa nei confronti di tutti coloro che negli ultimi giorni hanno invocato l’adozione dello strumento della golden share per bloccare eventuali offerte straniere sul capitale di Tim.

E il premier Romano Prodi, che aveva provato a smorzare i toni glissando le domande dei giornalisti con una battuta sulla lontananza dell’Italia dalla Cina, dov’é presente in missione, si è sentito in dovere prima di puntualizzare con l’Ue (“chi ha mai parlato di golden share?”), e poi di togliersi qualche sassolino dalle scarpe. Una nota di Palazzo Chigi ha infatti sottolineato che Marco Tronchetti Provera aveva garantito allo stesso Prodi che il “controllo italiano” sarebbe stata la condizione “irrinunciabile” dell’operazione, nella quale viene smentito “categoricamente” ogni coinvolgimento dell’esecutivo.

Il numero uno di Telecom avrà comunque modo di spiegare le proprie ragioni e delineare il destino di Tim nel fitto programma di incontri che sembra dover affrontare: dall’ Autorità delle Tlc a varie Commissioni di Camera e Senato, sono in molti a voler conoscere i motivi della decisione che porterà allo spin-off dell’operatore wireless.