Dopo tante indiscrezioni stampa e voci negli ultimi due giorni, che hanno spinto il titolo Tim al rialzo, ieri è arrivato l’annuncio della firma del memorandum of understanding (MoU) tra il ministero dell’Economia, guidato da Giorgetti e il fondo americano, Kkr sull’offerta per la Netco. E così il governo arriva ufficialmente in cabina di regia per la gestione della vendita della rete.
Cosa prevede l’accordo KKR-Mef
L’accordo tra il fondo USA e il Mef prevede la formulazione di un’offerta vincolante che stabilisce, l’ingresso del Mef nella Netco, la società della rete di Tim con una percentuale fino al 20%. Si legge nel comunicato stampa del Mef.
I termini dell’offerta dal punto di vista dei rapporti tra le parti prevedono ’’un ruolo decisivo del governo nella definizione delle scelte strategiche. I prossimi passaggi saranno relativi all’adozione di un Dpcm per completare l’iter procedurale’’. Lo comunica il Mef.
Mentre il fondo USA, Kkr riserva per sé la maggioranza azionaria della Netco, alla quale sarà conferita la rete del titolare nazionale, ma il Tesoro deciderà la ripartizione, di quella quota restante del 35% ancora in possesso degli italiani. L’ipotesi circolata nelle ultime ore che la società possa mantenere una quota della rete non sarebbe immediatamente esclusa, ma non è un opzione concreta allo stato attuale.
Il retroscena
L’ultima proposta presentata dal fondo Kkr, in trattative esclusive con i vertici di Tim, prevede un enterprise value di 21-23 miliardi di euro. Mentre per il governo l’impegno finanziario dovrebbe arrivare fino a 2 miliardi di euro. I quotidiani hanno parlato finora di una forbice tra il 30 e il 35% della rete ancora in mani italiane, distribuita tra il Mef, F2i e Cdp. Dopo l’annuncio del Tesoro che ha fissato il tetto massimo della propria quota al 20%, rimane aperta la suddivisione del restante 10-15% tra il fondo F2i e Cassa Depositi e Prestiti.
Ricordiamo intanto che anche il fondo di Renato Ravanelli, Fi2 ha già firmato un memorandum, che ipotizza una partecipazione con una quota intorno al 10-15%. Il che vorrebbe dire che per il Cdp, azionista di maggioranza del concorrente per la rete in fibra ottica, OpenFiber, rimarrebbe una quota non superiore al 5%.
Tornando alla partecipazione di Tim, come ha recentemente spiegato l’ad Pietro Labriola nella conferenza in occasione dei conti del primo semestre, la società tricolore preferirebbe la cessione integrale della rete. E secondo quanto riportato dai quotidiani, qualora arrivasse una richiesta diretta a Tim del Tesoro di mantenere una quota per riuscire a concludere l’operazione, il gruppo la valuterebbe. Tuttavia, come ha recentemente specificato Labriola, è essenziale che venga evitata l’integrazione verticale per consentire alla ServiceCo di avere libertà di manovra.
La performance in borsa
Dopo una partenza in accelerazione, il titolo Tim rallenta in borsa e viaggia attorno alla parità (+0,05%) a 0,27 euro. Da inizio anno il titolo Telecom Italia ha evidenziato un rialzo del 26%. Da un punto di vista tecnico la prossima resistenza significativa è in aria 0,3150 euro il cui superamento potrebbe permettere ai prezzi di Tim di allungare verso obiettivi più ambiziosi a 0,33 e 0,34 euro.