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STOP ALLE NUOVE IPO IN BORSA

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(WSI) –
Finiscono in naufragio i tentativi di sbarco in Piazza Affari di Api e Value Partners. Nella tarda serata di ieri, alla scadenza del collocamento, le due società hanno deciso di rinviare la quotazione. Una soluzione inevitabile per tentare di salvare il salvabile.

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Entrambe, infatti, hanno pagato una situazione imprevedibile fino a qualche settimana fa. Con i listini prigionieri di una delle più profonde fasi di correzione degli ultimi anni, gli investitori hanno tirato il freno a mano: in Europa, nelle ultime due settimane, sono state cancellate ben sei Ipo, quattro sono state rinviate, mentre altre sei hanno accettato di procedere, ma con prezzi di collocamento inferiori al minimo della forchetta presentata al mercato. Fondi e investitori istituzionali hanno preso atto di una combinazione micidiale, fatta di timori diffusi e di una pioggia di carta in arrivo sui listini. E così hanno giocato al ribasso, strappando in media uno sconto del 15% sulla parte bassa dei range.

Insomma, una debacle generale che parte dall’Europa e sembra stia coinvolgendo anche le prossime Ipo di Piazza Affari (anche Elica starebbe trattando sul prezzo). Api in particolare teme di seguire a ruota il tonfo clamoroso della concorrente Saras. La società di raffinazione dei Moratti, sbarcata in Borsa lo scorso 18 maggio, nei primi tre giorni di negoziazione precipitò del 20% in Borsa. Risultato: Api non ha centrato la sottoscrizione dell’intero quantitativo di azioni dell’Opvs (il 75% agli istituzionali, il resto al retail). Ancora nel pomeriggio di ieri i collocatori, Goldman Sachs e Capitalia, bussavano alle porte di importanti fondi internazionali. Ricevendo risposta negativa, salvo in caso di discesa sotto il range di prezzo previsto dal prospetto (tra 5,25 e 7,25 euro).

Ad Api non è bastato presentarsi con uno sconto rispetto ai multipli chiesti da Saras e gli apprezzamenti sul business della comunità finanziaria. La decisione formale sul rinvio la prenderà un cda convocato stamattina. Ma l’esito sembra scontato. La famiglia, del resto, non ha voluto sentir parlare di «sconti». Né di ridurre l’ammontare dell’offerta. Le scelta dunque si giocava tra il rinvio o la cancellazione dell’Ipo. In ogni caso, non si pagano costi di quotazione: ai collocatori vanno infatti commissioni calcolate sul valore del deal.

Per Api, tuttavia, resta importante raccogliere i 145-200 milioni di euro previsti dal prospetto al netto dei costi di Ipo (altri 220 milioni andrebbero ai Brachetti-Peretti): c’è un debito da riportare in linea di galleggiamento. Dopo l’acquisizione di Ip e del 100% di Api Energia nel 2005, il rapporto debito netto su enterprise value è salito al 68% e l’obiettivo era tornare al 30-40% dopo l’Ipo. Nel caso di Value Partners, invece, i proventi dell’Ipo sarebbero serviti a finanziare l’espansione. Ora la crescita verrà perseguita con l’autofinanziamento.

La quotazione, coordinata da Goldman Sachs e Mediobanca, resta un obiettivo valido per il gruppo di consulenza strategica che in una nota ha motivato il rinvio con «l’andamento dei mercati fortemente negativo e il peggioramento della volatilità». Del resto, sul collocamento si erano profilate sin dall’inizio le incertezze degli operatori che avevano ipotizzato un prezzo nella parte bassa della forchetta compresa tra 3,4 e 4,5 euro, o addirittura sotto il range. Alle criticità rilevate – tra cui spiccava l’eccessivo peso di Telecom sui ricavi del gruppo – l’ad Giorgio Rossi Cairo aveva replicato, punto per punto, proprio sulle pagine di F&M. Ma le rassicurazioni del manager non sono bastate, in un momento di oggettiva difficoltà delle Borse, a convincere gli investitori.

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