Società

SFIDUCIA

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(WSI) –
Le cose non si mettono benissimo. Voti di fiducia al Senato su manovrina e Afghanistan, per allineare al governo una maggioranza riottosa. E segnali di sfiducia dall’economia reale, che non promettono nulla di buono per il quadro generale nel quale il governo dovrà definire la prossima Finanziaria. La secchiata d’acqua fredda è venuta dall’indicatore sintetico di fiducia delle imprese manifatturiere nel mese di luglio, rilevato dall’Isae.

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Dopo 13 mesi di crescita continua, l’indice destagionalizzato è sceso a luglio a 96,7, dal 98,3 di giugno. Risultano peggiorate le aspettative degli ordini, dell’occupazione e della produzione, tornano ad accumularsi le scorte di magazzino. Le quattromila imprese interpellate del campione, vedono il più forte calo nel settore della produzione di beni di consumo – da 99,9 a 97,7 – e intermedi – da 98,7 a 96 – mentre il calo della fiducia è diffuso in maniera generalizzata a livello territoriale.

Nel Nordovest scende da 99,2 a 96,8; ma anche nel Mezzogiorno passa da 99,5 a 96,4; nel Centro, da 99,4 a 97,7 e solo il Nordest regge abbastanza, perdendo una frazione di punto: da 95,2 a 95,1. Le previsioni sull’andamento degli ordini e della produzione sono generalmente meno favorevoli nei beni intermedi e di investimento. Nei beni di consumo, peggiorano le attese sugli ordini e quelle sulle dinamiche occupazionali. Sostanzialmente positive solo le indicazioni sull’utilizzo corrente degli impianti, occupazione, domanda e capacità produttiva.

Ma quanto a durata della produzione assicurata, il pendolo, da oltre un anno nella direzione di un sempre più marcato ottimismo, registra una netta e pericolosa inversione di tendenza. Del tutto stabile l’apprezzamento da parte delle imprese degli ostacoli alla produzione, nonché del gap accumulato nei confronti della competitività internazionale, in cui a peggiorare è soprattutto la valutazione sul mercato extra europeo.

Il primo mese di attività del governo sembra dunque destare preoccupazione e sfiducia nelle imprese manifatturiere. Se ciò si aggiunge alle tendenze di rallentamento della crescita americana e all’andamento del barile di petrolio, si capisce come il confronto con sindacati e «ala antagonista» della maggioranza si annunci quest’estate assai infuocato. La prospettiva di rinviare il più possibile ogni intervento di riduzione della spesa pubblica, per concentrarsi solo sugli aggravi fiscali corre il rischio di trovare nuovi argomenti nei primi tangibili segni di frenata dell’economia.

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