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«ORA PROVERANNO A FARMI FUORI»

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(WSI) – «Ora proveranno a farmi fuori. Già li sento quelli dell´Udc e quelli di An. Ma se l´intesa tra noi e la Lega rimane salda, cosa possono fare? Niente. Senza di noi, dove vanno?». I sondaggi che aveva commissionato negli ultimi giorni lo avevano messo in guardia. Sapeva che i “no” avrebbero vinto. Ma non aveva previsto che la distanza potesse essere così marcata. Ecco, Silvio Berlusconi non si aspettava un boato popolare tanto forte contro la devolution. Sperava di arrivare almeno al 40%. «È la conferma che i nostri elettori non si mobilitano per queste cose. Solo io, quando ci sono le elezioni, riesco a portarli alle urne». Adesso, però, per lui si apre un altro fronte: la rivolta interna. «Per questo bisogna parlare con Umberto».

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Lo schema non cambia. Per il Cavaliere, l´asse con il Senatur è una sorta di assicurazione sulla vita. È sicuro che fino a quando il patto di ferro con il Carroccio resisterà, gli equilibri nella Cdl non potranno cambiare. Ma sa anche che a questo punto «gli altri proveranno a farmi fuori». L´analisi del voto fatta con i suoi è preoccupata. Teme che la stretta tentata da Pier Ferdinando Casini e Gianfranco Fini possa associarsi ad una “esplosione” della Lega.

Che sarà anche tentata dalla sirena prodiana: «Vedrete, da quella parte proveranno a chiamare i leghisti e offrirgli il dialogo sul federalismo in cambio di una sorta di appoggio esterno, magari solo al Senato». Per questo ha convocato subito un incontro con Bossi ad Arcore. Chiedendo al suo alleato prediletto una “prova di lealtà”. Per ora concessa. «Berlusconi è il capo della Cdl e ha delle idee – ha detto Bossi al termine dell´incontro – Gli alleati sono stati leali con noi e noi lo saremo con loro». «L´alleanza è salda», ha sintetizzato Roberto Calderoli al termine dell´incontro. Il senatur dunque per il momento ha chiuso la porta a «stravolgimenti». Ma sa anche che non tutto dipende da lui. La base leghista è in fermento.

Tanti timori, dunque, che stanno spingendo il leader forzista verso la scelta di confermare il quadro con cui ha governato negli ultimi cinque anni. E soprattutto di scansare l´offerta di dialogo avanzata da Prodi sulle riforme. «È chiaro che è una trappola», ha ripetuto per tutta la cena di ieri sera a Villa San Martino. «Se fosse un tentativo di dialogo serio, allora lo si potrebbe pure accettare. Ma non c´è niente di vero. Vogliono solo dividerci». Anzi, l´ex presidente del consiglio ad una sola condizione sembra disposto a intavolare la discussione: «Un governo di larghe intese». «Vogliono le riforme? Vogliono la Bicamerale? Bene, allora si discuta tutto, anche l´esecutivo». Altrimenti, è il suo ragionamento, «diventa solo il modo per cercare di tirare dalla loro parte la Lega e magari una parte dei centristi».

Insomma, la Casa delle libertà sta diventando una polveriera. «Qualcuno – è il sospetto di Berlusconi – vorrà trasformare questo voto in una sconfitta da usare contro di me». E in qualche modo sia An, sia l´Udc hanno già lanciato delle avvisaglie. Che si concentrano appunto sulla leadership del centrodestra. «Dobbiamo tornare in sintonia con i nostri elettori», è il refrain di Casini. Non a caso, oltre a blindare il Carroccio, ad Arcore hanno iniziato ad adottare tutte le possibili contromisure contro i transfughi. Il “rischio-esodo” è alto. Al Senato, ad esempio, è già scattato l´allarme. Un plotone di 6-7 senatori potrebbe trasferirsi armi e bagagli nel gruppo misto per poi contrattare con Prodi il sostegno al governo. Senatori provenienti dalle fila centriste, ma anche forziste.

Tanti scricchiolii, dunque, che stanno provocando scompiglio nella Cdl. E l´unico, vero appiglio del Cavaliere resta la Lega. «Dobbiamo aiutarli – va ripetendo – perché se li perdiamo, allora sì che si complica tutto». Del resto, anche la battaglia referendaria è stata giocata in quest´ottica. «Abbiamo pagato una cambiale alla Lega». E ora Forza Italia si aspetta qualcosa in cambio. L´idea di dar vita ad una «federazione» tra i due partiti resta l´ipotesi principale dell´ex premier: «Un modo per evitare fughe anche tra i leghisti». La sua idea è quella di porre le condizioni per far nascere una sorta di “Partito del nord” con i leghisti e alcuni soggetti locali da federare poi con Forza Italia e magari con il futuro partito unico. In questo senso, l´affermazione del sì in Lombardia e in Veneto viene considerata un viatico.

Ma nelle riflessioni berlusconiane c´è anche autocritica. «Abbiamo pagato un pegno alla Lega – ha ammesso con i fedelissimi – ma non avevamo capito che quella riforma non era proprio nelle corde del Paese. Anche se abbiamo avuto dalla nostra le regioni più produttive». Il Cavaliere vuole allora tornare all´antico: «Aspettiamo la manovrina e la finanziaria. Se metteranno altre tasse, come credo, noi porteremo in piazza un milione di persone».

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