Società

LOBBY:
DOVE BERLUSCONI HA FALLITO

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(WSI) – Il pacchetto di liberalizzazioni messo a punto dal ministro Pier Luigi Bersani è il primo vero buon colpo del governo Prodi. Sul piano simbolico, per lo meno. Sul piano pratico, invece, bisognerà vedere se il governo sarà capace di resistere al contrattacco delle lobbies danneggiate. L’iniziativa ricorda il tentativo dello stesso Bersani, poi fallito, di riformare gli ordini professionali nella precedente esperienza di governo del centrosinistra. È, all’apparenza, un Paese bizzarro quello in cui si deve attendere un governo di sinistra, nel quale abbondano gli statalisti incalliti per i quali concorrenza, mercato, liberalizzazioni sono bruttissime parole, per ottenere un forte segnale a favore della concorrenza.

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Naturalmente, non è tutto oro quel che luccica. Come ha giustamente osservato Francesco Giavazzi sul Corriere di ieri, queste misure di liberalizzazione sono state costruite in modo da toccare il meno possibile interessi rappresentati dalla attuale maggioranza. Le liberalizzazioni insomma non riguardano ambiti (come i servizi pubblici) dove scatterebbe il potere di veto dei sindacati e la maggioranza si dividerebbe. Ma questo non è necessariamente un motivo di biasimo per il centrosinistra.

È piuttosto un punto a sfavore del passato governo di centrodestra. Proviamo a spiegare perché. Era inevitabile che in un Paese a struttura corporativa come il nostro la necessità di liberalizzare i mercati finisse per determinare una sorta di «divisione del lavoro politico» tale per cui i governi di sinistra, se possono, liberalizzano soprattutto a spese degli elettori di destra (delle corporazioni che votano a destra) e i governi di destra, se possono, liberalizzano a spese delle corporazioni legate alla sinistra. In teoria, poco male: se infatti, anche in queste condizioni, tutti fanno il loro dovere, è l’alternanza stessa al potere che finisce per innalzare i livelli complessivi di libertà economica e di concorrenza nella società. Il problema però è che il passato governo Berlusconi fece, sotto questo profilo, troppo poco. Si sapeva benissimo che, a dispetto della conclamata ideologia liberista, quel governo non avrebbe mai liberalizzato settori (come quelli ove operano certe professioni) i cui interessi erano fortemente rappresentati nell’allora maggioranza di destra.

Il guaio è che il governo Berlusconi non riuscì a introdurre concorrenza nemmeno nei settori ove era prevalente la sinistra. Con l’eccezione, certo rilevantissima, della legge Biagi, il centrodestra non riuscì, ad esempio, a liberalizzare fino in fondo il mercato del lavoro. Fece un tentativo puntando all’abrogazione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori ma fallì. Né ebbe la capacità o la volontà di liberalizzare il vasto settore dei pubblici servizi. Scelse, piuttosto, in quell’ambito, di non scontrarsi con le lobbies sindacali. Deludendo così la parte di elettorato che aveva creduto nelle sue promesse di liberalizzazione. E facendo un cattivo affare elettorale: lungi dall’essere grata al centrodestra per non averne smantellato i privilegi, la maggioranza degli addetti del settore pubblico ha votato a sinistra nelle ultime elezioni. Il centrosinistra, con il pacchetto Bersani, ha fatto bene il mestiere suo. Il centrodestra dovrebbe cominciare a riflettere sul perché, quando governava, non riuscì a fare altrettanto.

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