Società

LA RICARICA
DEL TORO

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(WSI) – Era il 12 marzo del 2003, le Borse d’Europa viaggiavano sull’orlo del baratro: sotto gli abissi del settembre 2001 (-37%), a una distanza siderale dai massimi del 2000: meno 73%. Pochi, dopo lo stress di epidemie (la Sars) e conflitti (la guerra irachena) avrebbe scommesso che proprio quel giorno sarebbe partito il rally dei mille giorni del Toro. Nessuno, forse, avrebbe puntato su un rialzo solido, quasi senza soste o correzioni di sorta, capace di superare guerriglie in Medio Oriente, la corsa del greggio e nuove epidemie. Ma così è stato. E adesso? Esistono ancora margini di crescita?

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LA GRANDE CORSA. In mille giorni il Mibtel ha segnato una performance del 95 per cento, trainato dal boom di bancari (+132%), petroliferi (+100%) e small cap (+122,5% l’indice All Stars). Tra quest’ultime è presente la società che ha corso di più sul listino italiano nell’ultimo triennio: Esprinet. Il gruppo attivo nella distribuzione di prodotti hi-tech ha aumentato il proprio valore di dodici volte, grazie al miglioramento dei risultati di bilancio, con profitti lievitati a 26,6 milioni da 6,34 milioni del bilancio 2002. Alle spalle di Esprinet, nella graduatoria delle lepri di Piazza Affari, figurano Trevi e Tenaris, con un rialzo rispettivamente pari all’851,6 e all’696,5 per cento. Le due società hanno beneficiato, insieme a Saipem (+248,3%), dell’impennata del prezzo del petrolio, raggiungendo nuovi massimi storici.

P/E IN LINEA. La stagione del rialzo ha più di una spiegazione. Tra queste una nota a parte la merita la costante crescita dell’efficienza e dei margini operativi in tutta Europa: secondo l’indice del consensus Ibes, il 75% delle società quotate prevede margini operativi più elevati per il 2006. Redditività e crescita dei prezzi sono andati quasi in parallelo, cosicché il p/e, ovvero il rapporto tra prezzi e utili, si è mantenuto quasi costante. Anche tra i titoli che hanno corso di più, come Saipem o Tenaris. L’esempio più efficace è quello dell’Eni. A fronte del rialzo in Borsa (+96%) nell’ultimo triennio, l’utile è cresciuto dai 5,6 miliardi di euro del 2003 agli attuali 8,79 miliardi: il rapporto tra il prezzo e i profitti attesi nel 2006 è 9,1.

L’INCUBO DEL FISCO. La bolla, insomma, sembra lontana. Ma la cautela, nel breve, s’impone. Diversi fattori rendono possibile una pausa, se non una correzione: la partenza bruciante del 2006; la prospettiva di un aumento dei tassi; l’ipotesi, non improbabile, di un rafforzamento dell’euro. A questi fattori comuni all’area euro va aggiunta l’incognita post-elettorale. Dal sondaggio di B&F (vedere pagina 13) emerge il rischio di tagli alla spesa, destinati a colpire le grandi opere. Ma, soprattutto, la prospettiva di un intervento fiscale tra la primavera e l’estate che può provocare una battuta d’arresto. E la regola aurea («vendi a maggio e torna in autunno») è stata rispettata anche nel 2004/05, anni Toro per eccellenza. Nei momenti in cui i mercati cambiano passo, si può agire in due direzioni: ruotare dai titoli growth a quelli value (vedere pagina 14); passare dai piccoli e medi a titoli più grandi.

Il JOLLY M&A. Ma gli effetti dello stop saranno di breve durata. La Borsa, affermano gli intervistati, si riprenderà. E il finale d’anno sarà bullish. Tuttavia, non è il caso di andare in letargo. Dopo tante chiacchiere gli M&A stanno entrando nel vivo. Anzi, più passa il tempo, più si accumulano munizioni per battaglie roventi. E vantaggiose per i soci. I riflettori sono accesi su Capitalia (p/e pari a 16,4 volte)che pure, dal 2003, ha già aumentato di oltre sette volte il suo valore. Ma nel mirino sono, in pratica, tutti i finanziari (con un occhio di riguardo per Bpi e Unipol), l’energia e le utility. E più ancora le Telecom grandi e piccole. Senza trascurare i turnaround industriali. La Fiat di Sergio Marchionne (più che raddoppiata in meno di un anno) è un esempio che non resterà isolato: Brembo, Pininfarina o Sirti sono i possibili hit.

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