
Cosa, come e quanto bevono alcolici gli italiani? La domanda è attuale visto che l’associazione ristoratori denuncia un calo di vendite di vino del 30-40% dopo l’introduzione del “Codice della strada Salvini” che aumenta in modo “terroristico” le sanzioni per chi esagera nel bere.
Un trend di lungo periodo
Ma pare che la realtà sia diversa e che il cambiamento nel modo e nella quantità di bere sia un fenomeno in corso da qualche tempo. Secondo i dati Istat, nel corso del 2022 il 67,1% della popolazione italiana di età o superiore agli 11 anni ha consumato almeno una bevanda alcolica, equivalente a 35 milioni e 918 mila persone. La prevalenza è maggiore tra i maschi (77,4%) rispetto alle femmine (57,5%). Il 19,3% dei consumatori, ossia 10 milioni e 310 mila persone, beve quotidianamente, con una percentuale più alta tra i maschi (28,4%) rispetto alle femmine (10,7%).
Nel 2022 si è registrato un lieve aumento del consumo di alcol rispetto all’anno precedente, passando dal 66,3% del 2021 al 67,1% del 2022, un incremento rilevato esclusivamente tra le donne (dal 56,1% al 57,5%). Inoltre, nel corso dell’ultimo decennio, la quota di donne che consuma alcol occasionalmente è salita dal 39,3% al 46,9%, mentre la percentuale di coloro che bevono alcol fuori pasto è aumentata dal 15,6% al 23,2%. In generale, è rimasto stabile il consumo giornaliero (19,4% nel 2021 e 19,3% nel 2022), mentre è in aumento il consumo fuori pasto (30,7% nel 2021 e 31,/% nel 2022) e il consumo occasionale (46,9% nel 2021 e 47,9% nel 2022).
Le preferite degli italiani
Nel 2022 la bevanda alcolica maggiormente consumata è stata il vino (44,1%), seguito dalla birra (30,8%) dai superalcolici (10,3%) e dagli aperitivi, amari e digestivi (6,2%). La distribuzione degli utenti per tipo di bevanda alcolica di uso prevalente è molto variabile regionalmente: il vino è utilizzato in genere più frequentemente al nord mentre la birra e i superalcolici al sud. In generale, il consumo è più forte nel Centro-Nord (il 69,3%) e preoccupano i giovani.
Nel 2023, tuttavia, secondo i dati dell’Osservatorio Uiv-Ismea, su base Ismea-Nielsen-IQ, sono state vendute 100 milioni di bottiglie in meno rispetto a cinque anni prima. I vini fermi hanno registrato volumi in calo del 3,6% (con i rossi a -4,9%). Quindi siamo all’undicesimo trimestre consecutivo con il segno meno. Gli spumanti hanno resistito in linea con il 2022, parlando di volumi venduti, ma solo grazie ai low cost Charmat non Prosecco (+7,1%). Senza questi ci sarebbe stato un -2%.
Guardando al tipo di consumi il calo dell’8% in cinque anni: -11% per i vini fermi e -19% per quelli liquorosi. I Dop sono quelli che hanno resistito meglio (-2%), mentre calo a due cifre per gli Igt (-13%). Il settore si è “salvato” grazie agli spumanti che dal 2019 ad oggi sono cresciuti del 19%. Si tratta di 139 milioni di bottiglie in più in cinque anni, ma guardando nello specifico si vede che il merito va al Prosecco (+30%, ma -2% nel 2023), ma a trainare sono stati in gran parte gli Charmat non prosecco (+42%, +7,1% solo nell’ultimo anno).
Il fenomeno, la diminuzione del bere, è quindi un fenomeno che fa parte ben prima del “Codice Salvini” ed è legato ad un cambio di abitudini, soprattutto dei giovani, tra tutti i vizi, quello del bere sembra diventato il meno glamour. Altro che gioventù ribelle: sono proprio i più giovani – Millennial e Generazione Z –ad invertire la rotta per diversi motivi: più attenzione alla salute e al portafogli, visto quanto incidono bottiglie e drink sul budget di una serata fuori casa. A dare un giro di vite poi ci ha pensato il nuovo codice della strada: il limite non è diminuito (è sempre 0,5) ma le sanzioni sono aumentate.
Risultato: ristoratori che si lamentano dei bicchieri vuoti e boom delle vendite dell’alcol test fai-da-te. Intanto, sui sociale prendono piede curiosi fenomeni collaterali, come il “dry dating” (cioè un appuntamento senza il classico calice per rompere il giaccio) o uno stile di vita “sober curious”.
L’inversione dei tendenza è stata possibile anche grazie a un considerevole aumento delle alternative analcoliche, presenti ormai in moltissimi bar e perfino nelle enoteche. Ridurre l’alcol non significa tagliare le uscite: si può sempre ordinare un mocktail, cioè un drink analcolico ma altrettanto gustoso, colorato e sofisticato. E ci si può sempre dare appuntamento in un sober bar, sempre più popolari negli Stati Uniti e sbarcati anche in Italia.
Conferma questa tendenza Riccardo Speranza, Beverage Director, del gruppo di cui fanno capo i 3 ristoranti Pacifico e Ronin. Speranza, conferma che il cambio di abitudini risale a qualche anno, prima del “codice Salvini”: e che è frutto più di un cambio di tendenza che delle norme più restrittive. Non c’è, tanto una diminuzione della quantità, almeno nei ristoranti del gruppo, di alto livello e nel cuore di metropoli come Roma e Milano. C’è più attenzione nella scelta, soprattutto da parte dei giovani “non si ordina più la bottiglia, ma una serie di calici con vini diversi, frutto di una attenta scelta -dice Speranza- la clientela più “âgée” tende a bere come prima; ordina la buona bottiglia e le rimane fedele”.
Assente o quasi la domanda di vini dealcolati mentre è in aumento la domanda di cocktail e di liquori dealcolati.
Conferma il quadro Saverio Dolcimascolo, patron del mitico 13 Giugno di Milano. “E’ in aumento la domanda di calici, 20-30 anni fa non concepiti.” E conferma la tendenza dei più giovani ad esplorare il mondo del vino e provare vini di qualità. In aumento –dice Dolcimascolo- , la domanda di “bollicine” e, leggermente quella di birra”.
Nel complesso i ristoratori di alta gamma, non confermano una forte diminuzione del consumo di vino. Il quadro è diverso per ristoranti situati fuori dai centri urbani.
Qui, probabilmente, la paura di essere intercettati da una pattuglia gioca sul consumo di alcolici, che infatti è in diminuzione, anche se più lieve di quanto denunciano certi allarmismi.