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FONDI: CI VUOLE PIU TRASPARENZA

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Negli USA si riaccende il dibattito sulla trasparenza nel mercato del risparmio gestito. I risparmiatori chiedono più informazioni sul portafoglio dei fondi che acquistano e i gestori si oppongono. In Italia intanto…

Nelle prossime settimane la Sec, la commissione americana che controlla i mercati, insomma la Consob statunitense, deciderà se accogliere o meno le richieste avanzate dalle associazioni dei consumatori e dai financial planner verso le società di gestione dei fondi perché rendano nota con più frequenza la composizione complessiva dei portafogli dei fondi. Attualmente negli Usa i portafogli dei fondi vengono rivelati ogni sei mesi, con il dettaglio della totalità dei titoli detenuti. Non abbastanza, evidentemente, secondo le associazioni dei consumatori che, ispirate da una petizione messa a punto dalla Fund Democracy, un’agenzia di tutela degli investitori fondata da Mercer Bullard, ex funzionario della Sec, chiedono più trasparenza.

Che gli Usa rappresentino da sempre l’ispirazione per il mercato del risparmio gestito italiano quanto a politiche di marketing, di pricing e relativamente all’analisi dei comportamenti degli investitori è noto. Non altrettanto avviene però sul fronte trasparenza. Al punto che, stando l’attuale normativa, negli Usa i gestori, capitanati dalla loro associazione di categoria, l’Investment company institute, sono nella situazione di chiedere alla Sec di ridurre gli obblighi di comunicazione.

In Italia, invece, la situazione è ben diversa. L’obbligo di dichiarare la totalità dei titoli in portafoglio riguarda sì tutti i fondi e le Sicav di diritto italiano sotto il controllo della Banca d’Italia –tanto che ogni mese devono inviare alla Banca di via Nazionale il dettaglio dei titoli per mettere BankItalia nelle condizioni di effettuare controlli sulla gestione dei prodotti, come verificare che le politiche d’investimento attuate rispettino i vincoli di investimento dettati dalla legge- ma nei confronti degli investitori la disclosure è molto meno pervasiva. Due volte l’anno i fondi devono informare la comunità dei risparmiatori della composizione dei propri portafogli, ma solo per quel che riguarda i principali titoli detenuti e la distribuzione per tipo di asset a livello aggregato.

Secondo l’Ici e alcuni grandi gestori USA una maggiore trasparenza sarebbe dannosa per l’investitore perché impedirebbe ai money manager di modificare rapidamente la composizione dei portafogli, compromettendo le performance dei fondi. A dire il vero, la difesa sembra alquanto debole.

In primo luogo, il rigiro medio del portafoglio di un fondo comune d’investimento è basso in Italia come negli USA, proprio perché, a meno di trovarsi di fronte a un prodotto dichiaratamente attivo nel trading di titoli, i fondi sono per loro natura orientati al raggiungimento dei loro obiettivi di performance su un orizzonte temporale medio- lungo.

A chi, come alcune società anche in Italia, si dichiara contrario a fornire i dettagli dei propri portafogli per paura della concorrenza, è facile rispondere che una soluzione può essere rappresentata dallo stabilire un adeguato delay (ritardo) tra la fotografia da fornire al pubblico e l’effettiva composizione del portafoglio.

E se questo non bastasse, occorre ricordare che verificare l’aderenza delle politiche di gestione realmente condotte a quelle dichiarate può essere considerato un diritto per chi dà fiducia a una società, chiedendole di gestire il proprio risparmio. D’altronde, a chi sceglie la strada delle gestioni patrimoniali, le società difficilmente negano accesso alla conoscenza da parte del cliente delle scelte effettuate.

Sicuramente non si può discriminare tra chi è dotato di un patrimonio medio e chi dispone di più sostanze, in grado di aprirgli le porte alle gestioni patrimoniali. Se il fondo A ha dichiarato una tal politica e, dall’analisi degli acquisti e delle vendite dei titoli in portafoglio, ne emerge un’altra – che è appunto quello che Morningstar fa analizzando i portafogli dei singoli fondi- il risparmiatore ha il diritto di saperlo. Come ha diritto di sapere se il suo gestore ha fatto di tutto per mantenersi aderente alla politica dichiarata, raggiungendo magari performance inaspettate.

Come sempre, trasparenza e maggior conoscenza equivalgono a maggior consapevolezza, delle scelte fatte e di quelle da fare.

*Germana Martano è il Caporedattore di Morningstar.it

www.morningstar.it