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ENERGIA ANTISHOCK

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(WSI) –
Le scelte degli investitori, si sa, non dipendono solo dalla ragione. Il premio Nobel Daniel Kahneman ha dimostrato che gli individui, per quanto razionali, reagiscono in maniera diversa privilegiando a seconda delle circostanze, la paura di perdere o la voglia di guadagnare. La quale, per citare Senofonte, fa sì che «se uno avanza con animo risoluto, quasi sempre travolge le avversità». Ma più spesso, quando cresce il pericolo, aumenta anche l’avversione al rischio. Ma anche la probabilità che si verifichi il «panic selling», ovvero l’impulso a disfarsi di titoli senza badare ai valori economici fondamentali. In queste settimane ci sono state diverse occasioni di panic selling per motivazioni politiche, monetarie o strategiche.

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a) Il rischio di crollo degli hedge o altri speculatori con forte impiego della leva finanziaria di fronte a un repentino aumento dei tassi di interesse.

b) L’effetto, imprevisto, di scelte fiscali (come quella sull’effetto retroattivo dell’Iva sul mercato immobiliare), regolatorie o le sortite dell’Esecutivo sul futuro delle Grandi Opere.

c) L’impatto del caro greggio (ma anche di improvvise cadute di prezzo) sia sul settore oil che sui titoli di settori ciclici o legati all’andamento della fiducia dei consumatori.

Altri effetti da «panic selling» deriveranno da conflitti, sciagure naturali o altri eventi che possono spingere il mercato a esagerare al ribasso. Ecco alcune regole da seguire per sfruttare gli eccessi del listino. E una selezione di titoli a bassa volatilità e/o con le carte in regola, sul piano dei fondamentali, per creare valore.

Hai paura del caro petrolio? Niente paura, investi sul petrolio. L’ennesimo shock petrolifero che ha coinciso con i venti di guerra sul fronte arabo-israeliano ha riaffermato uno dei principi più solidi di questa stagione finanziaria: un buon portafoglio oggi conta almeno un 20% di investimenti oil. Inoltre, la congiuntura ha riconfermato una seconda regola: occorre approfittare delle fasi riflessive del greggio (come quella che ha coinciso con l’aumento dei tassi da parte della Federal Reserve) per operare acquisti in controtendenza.

Una strategia del genere ha portato grossi benefici a chi non si è fatto spaventare dalla forte volatilità che ha investito titoli come Erg o la matricola Saras (vedere articolo a pagina 24). Inoltre, la rivincita dell’oil rafforza Piazza Affari più di ogni altro listino, dato il peso dei petroliferi. La conferma è venuta venerdì 14 luglio quando Midex e S&P/Mib sono stati per buona parte della seduta i due soli indici europei in zona positiva. Anche per questo, il settore oil è un buon antidoto al panic selling. In questi giorni, in particolare. Quando alle tensioni in Medio Oriente si aggiungono i giochi della diplomazia del G-8, per la prima volta organizzato da Vladimir Putin a San Pietroburgo all’insegna della questione energia. Un tema su cui la Russia, grazie al colosso Gazprom che da solo vende all’Europa un quarto del gas consumato, può permettersi di alzare la voce.

ITALIA-RUSSIA. Passa da Mosca, infatti, il futuro della scuderia Eni, soprattutto dopo l’accordo bilaterale dello scorso 20 giugno tra Romano Prodi e il presidente russo. Gazprom aprirà il settore dell’estrazione e della distribuzione di gas e petrolio in Russia all’Eni e in cambio il gruppo, guidato da Alexey Miller, rileverà un consistente pacchetto di clienti italiani cui rivendere direttamente il gas. Come? Le modalità sono ancora da definire. Il numero uno del Cane a sei zampe, Paolo Scaroni, ha smentito di negoziare con Gazprom la cessione di Stogit, la società di stoccaggio gas e della Snam Rete Gas.

Altre ipotesi sul tavolo sono l’ingresso del gigante russo in Italgas o in Enipower, altre due controllate dell’Eni. Scaroni, invece, potrebbe mettere le mani sui ricchi giacimenti siberiani del distretto di Yamal. L’Eni, comunque, non è l’unico fronte aperto da Gazprom nella Penisola. Miller vuole coinvolgere l’Enel come partner in due progetti miliardari che riguardano la costruzione di due maxi-gasdotti. Il primo destinato a collegare Siberia, Grecia, Turchia e Italia e il secondo che unirà Ungheria, Austria e Italia. Intanto l’Enel assieme alla tedesca E.On e alla finlandese Fortum Oyj, è pronta a rilevare le quattro genco messe in vendita dalla russa Rao, il maggior gruppo elettrico del mondo. In particolare, Conti punta sulla centrale di Mosenergo, che ha una potenza totale installata di 10,5 Gw.

L’IPO ROSNEFT. Ma la Russia è sotto i riflettori anche per la multimiliardaria quotazione del colosso energetico Rosneft. Un’Ipo che vanta tra i suoi sottoscrittori major dell’oil come le inglesi Bp e Shell, la malesiana Petronas, la cinese Cnpc e l’indiana Oil and Natural Gas Corporation. Tutte desiderosi di mettere un piede nel lucroso mercato energetico dell’ex Urss. Il debutto di Rosneft a Mosca e a Londra è attesa entro mercoledì 19 luglio. Dal maxi-collocamento (complessivamente da 10,4 miliardi di dollari) il Cremlino ha raccolto 8,5 miliardi, mentre nelle casse della compagnia sono finite 1,9 miliardi. Una buona parte del ricavato potrebbe essere utilizzato per fare acquisizioni e stringere alleanze con player europei. Magari anche italiani.

IL FUTURO DELLE OIL STOCK. Ma al di là dello scacchiere dell’Est quali strategie conviene seguire in Piazza Affari per battere lo spauracchio dello shock petrolifero? «I fondamentali del settore oil continuano ad essere spaventosamente bullish, per cui niente paura», rassicura Alessandro Di Nunzio di Wings Partners. Quanto a Eni, una delle società più sensibili agli umori del prezzo del greggio, Goldman Sachs assegna al titolo il giudizio outperform alzando il target price a 28 euro, contro i 23,2 segnati giovedì 13 luglio sull’S&P/Mib.

Anche sull’industria dell’oil equipment, Saipem compresa, gli analisti sono positivi. Il consensus di mercato su Tenaris è al 50% buy e al 50% hold. Neanche l’ombra di un sell nemmeno per Socotherm. L’acquisto delle azioni del gruppo vicentino, specializzato nel rivestimento di pipeline petrolifere, è suggerito dal 67% degli analisti, mentre il restante 33% consiglia di tenere i titoli in portafoglio. E nonostante l’aumento del prezzo del petrolio, il rally estivo potrebbe essere cavalcato anche dalle compagnie di raffinazione come Erg e Saras. «Nonostante il caro-greggio – conclude Mario Spreafico, direttore investimenti di Citigroup – la domanda di prodotti petroliferi e in particolare di carburante è in aumento e quindi anche i margini del refining sono destinati a crescere».

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