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COLPO DI SCENA DI BERLUSCONI

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(WSI) – Altro che Ballarò, l’annuncio della cessione del 16,68 per cento
di Mediaset da parte di Silvio Berlusconi mette in movimento politica e
finanza italiana ben più della sua recente uscita su Rai 3.

Su Repubblica si
minimizza l’effetto: con il 34 per cento di una società quotata in Borsa,
con un flottante così esteso, il controllo è ancora ben saldo. Però lo
stesso giornale diretto da Ezio Mauro non esclude che potrebbe essere
l’inizio di ancora più consistenti cessioni di azioni.

L’operazione, esattamente nei termini in cui è avvenuta, era stata
annunciata da Finanza & Mercati: nell’ultima convention di Mediaset,
Piersilvio Berlusconi disse, mostrando la pagina del quotidiano finanziario,
“questo non avverrà mai”. Invece è avvenuto ieri.

La riflessione sulle
motivazioni della scelta è aperta. Il gruppo parla di una apertura al
mercato, che obiettivamente c’è stata. Ma in molti tengono d’occhio anche
altri elementi dello scenario. Pesa il contesto politico dove la mossa è di
per sé una prima risposta alle critiche sul conflitto d’interessi.

D’altro lato, nell’eventualità che vinca la sinistra l’idea di essere
un po’ liquidi non dispiace. Ma la politica non è l’unica chiave. Da
tempo Berlusconi sta lavorando per sistemare il patrimonio famigliare in modo
equo e ragionevole. Decisiva è, anche, la questione economica: Mediaset è
arrivata alla sua maturità più completa. Il titolo è su livelli molto alti.
Il rapporto tra prodotto e acquisizione della pubblicità ha raggiunto un
equilibrio perfetto che permette di tagliare i costi industriali senza perdere
soldi nella cessione degli spazi. Consentendo così un bilancio con 600
milioni di euro di ricavi.

Certo questi risultati sono possibili anche grazie
a una concorrenza un po’ stanca e a un quadro regolatorio non (per così
dire) sfavorevole. Peraltro l’apertura del mercato televisivo è maggiore
oggi, dopo quattro anni di governo del centrodestra, di quanto lo fosse nei
cinque anni del centrosinistra. I conti della Rai vanno molto bene, Sky deve
ancora trovare un pareggio ma è un competitore insidioso, il digitale
terrestre offre a industriali capaci un’ottima occasione: non per nulla
colta da Carlo De Benedetti.

All’estero spazi solo in Turchia.

La condizione perfetta di Mediaset non indica però con nettezza una
prospettiva di crescita: all’estero, oltre alla Spagna, ci sono spazi di
sviluppo solo in Turchia. Il digitale terrestre è considerato da Mediaset
(investimenti per non oltre un centinaio di milioni all’anno) più come
un’opzione politica (e un modo per contenere la concorrenza murdocchiana)
che strategica. Anche se nel futuro, Mediaset potrebbe impegnarsi
strategicamente su questo terreno. Soprattutto se la sinistra vince le
elezioni.

In questa situazione era indispensabile una mossa che aprisse nuovi spazi,
anche se non è del tutto chiaro in quale direzione. Si punterà a
un’opzione industriale? A un grande gruppo delle telecomunicazioni?
Berlusconi vanta un buon rapporto con Marco Tronchetti Provera (appena appena
raffreddato in queste settimane), con Emilio Gnutti e con il gruppo Benetton,
anche loro forti in Telecom. E’ questo lo sbocco? O si riprenderanno le
grandi trame finanziarie in cui Berlusconi conta sui rapporti con Vincent
Bolloré, Antoine Bernheim, Cesare Geronzi e Salvatore Ligresti?

Si
delineeranno i contorni di un gruppo finanziario europeo (si pensi al
possibile ruolo di Generali nel Bilbao) in cui peseranno uomini (e soldi) del
Cav.? Naturalmente non manca, anche per la coincidenza dei tempi, chi cita le
vicende di questi giorni di Rcs. L’attivismo di Stefano Ricucci viene
universalmente considerato un segnale di più ampi movimenti.

Tra i marpioni
dei giochi finanziari c’è chi prevede una cessione delle quote controllate
dall’immobiliarista romano a Tronchetti (da sempre interessato a un ruolo
centrale in Rcs) oppure a Giovanni Bazoli (l’attivismo del suo amico Roman
Zaleski sui titoli Rcs rivela le intenzioni di rivincita del banchiere
ulivista bresciano).

In una Rcs con un 10 per cento di azioni in mano alla
malandata Fiat, il Cav. liquido potrebbe essere un attore non passivo, dicono
i maligni. Ma ieri Paolo Mieli, direttore del Corriere, ha avuto
rassicurazioni dirette da Berlusconi: “Io non c’entro”. Lo dicono fonti
Rcs.

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