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(WSI) –
La discussione sulla manovra finanziaria da parte dei membri del governo ha assunto un tono irreale. E’ vero che l’economia italiana non è messa male come questa maggioranza sino a ieri affermava. Ed è vero che le imposte stanno dando un gettito maggiore di quello previsto. Ma questi due fatti non autorizzano a ignorare che la finanza pubblica italiana ha grossi problemi congiunturali e strutturali.

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Il maggior gettito della prima parte del 2006 riguarda un bilancio che, senza il suo apporto, avrebbe avuto un deficit del 4,2 per cento. E non bisogna dimenticare che se le entrate vanno meglio del previsto, le spese vanno peggio del previsto, in particolare nella sanità, negli enti locali e nella pubblica amministrazione anche perché i paletti posti dal precedente governo nella Finanziaria 2006 non vengono rispettati.

Pertanto il maggior provento fiscale non è un bonus da spendere. Serve per il rientro del deficit entro il 2007 sotto il tetto del tre per cento, misura concordata con l’Unione europea, indispensabile per evitare la crescita del rapporto fra debito e pil fermo attorno al 107 per cento: terzo debito pubblico del mondo, maggiore d’Europa. Il deficit strutturale senza azioni sulla spesa, supera il tre per cento perché la sanità e le pensioni hanno una dinamica che non si può rincorrere con operazioni sulle entrate, che hanno solo l’effetto di deprimere l’economia senza promuovere sviluppo.

La riforma pensionistica e le misure di responsabilizzazione delle amministrazioni centrali e delle regioni e degli enti locali vanno accresciute e migliorate, anche perché nessuno ha il coraggio di prendere di petto il problema principale della nostra spesa pubblica: personale inefficiente e in sovrannumero con un tasso di autoreferenzialità intorno al 40 per cento. Ma il problema delle spese per il personale inefficiente resta un tabù, come dimostrano le reazioni riluttanti, imbarazzate (e banali) alle provocazioni sul tema di Nicola Rossi, Francesco Giavazzi e Pietro Ichino.

Come ha osservato ieri Mario Monti non vi sono più margini per il risanamento della nostra finanza pubblica e chi vuol diluire gli interventi necessari per correggere la nostra distastrata contabilità non ha capito la natura del problema.

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